La storia

A scuola di vela latina si impara a navigare tra le onde della vita  

Bambini e ragazzi con fragilità sulla barca-maestra ad Alghero 

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Ci sono malesseri e fragilità che il mare può curare. Lo sa bene Laurent Campus, che ogni giorno vede bambini e ragazzi difficili trasformarsi a bordo della sua barca-maestra, ormeggiata nel porto di Alghero, trovando nel vento e nell’acqua un modo nuovo di stare al mondo. Nato ad Alghero, 58 anni, fondatore e presidente dell’Accademia di Vela Latina del Mediterraneo, Laurent ha attraversato il mondo dell’arte, della fotografia e del cinema prima di tornare alle sue radici e dare vita a un sogno.

«Il mare come terapia nasce da una esperienza personale e dolorosa con mio figlio adolescente», svela, tenendo a precisare che la scuola di vela latina fondata nel 2022, unica in Italia, non solo tutela, restaura e fa rivivere l’antica eredità dei popoli del mare, ma è anche e sopratutto strumento di formazione e rinascita per tanti giovani. «Una scuola di vita e di antichi saperi», la definisce Laurent: «Qui si impara a navigare e a collaborare, a fidarsi e a crescere insieme».

Scuola di bordo

In cinque anni di attività la scuola ha accolto oltre 800 bambini, ma è un altro aspetto del progetto che Laurent Campus racconta con maggiore emozione. Ogni estate la “Santa Barbara”, barca- maestra del 1953 armata a vela latina, porta in mare ragazzi vulnerabili per diversi motivi: autismo, dislessia, sindrome di Asperger o semplicemente protagonisti di storie complicate. «A bordo tutti devono collaborare. Con la vela latina serve l’aiuto di ognuno». In mare non esistono ruoli fissi, né isolamento. «Un fiocco da cazzare a mano richiede due o tre persone. E se c’è un ragazzo particolarmente chiuso e taciturno, lo metto al timone, accanto a me. Non si danno ordini: si fanno proposte, si costruisce fiducia».

Il progetto Mare come Terapia nasce dall’esperienza personale e dolorosa di Laurent. Una storia che gli ha insegnato quanto le fragilità dei giovani, che siano psicologiche o sociali, abbiano spesso radici comuni: chiusura, bassa autostima, difficoltà a comunicare. Molti di questi ragazzi parlano poco, faticano a relazionarsi e si richiudono nelle loro stanze. A bordo, in uno spazio ridotto, inizia la cura: otto o dieci persone imparano a muoversi insieme, diventando un unico organismo capace di affrontare il mare. Non c'è un solo posto in cui nascondersi.

Le istituzioni

L’Accademia ha già avviato un accordo con la Asl di Sassari per una ventina di uscite in mare per i ragazzi del Ctr, un’esperienza che ha mostrato effetti positivi in passato. «In barca si impara ad ascoltare, a guardarsi, a dipendere dagli altri. È una scuola di empatia», insiste Laurent Campus. Tre i pilastri del progetto: il recupero delle barche d’armo latino, la scuola vela per bambini e adulti e la collaborazione con i centri terapeutici. Durante l’inverno, quando le barche sono in cantiere, i ragazzi possono continuare a imparare fianco a fianco con maestri d’ascia e artigiani.

La nuova sfida sarà reperire una sede-cantiere lungo la costa, per proseguire la terapia del mare. Il Parco di Porto Conte sta osservando con attenzione l'iniziativa e potrebbe presto diventare uno dei partner dell’Accademia, riconoscendone il valore culturale ma soprattutto la forza sociale, terapeutica e inclusiva. Il progetto Mare come Terapia sarà ora presentato al Comune di Alghero..

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