L’allarme.

Emergenza usura: «Devasta le famiglie» 

Un vademecum per aiutare chi è in difficoltà ma non denuncia per paura 

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«Era il 2015 quando il nostro conto era sempre in rosso. Mio marito ammise di essere dipendente da sostanze. Poi scoprii che aveva problemi di alcol ed era ludopatico. Mi è crollato il mondo addosso». Così inizia il racconto di Rita, impiegata sarda, una delle tante voci che in Sardegna testimoniano come l’usura non sia un fenomeno distante, né relegato alla cronaca nera delle grandi città. «Minacciò di suicidarsi», continua. «Ho fatto davvero di tutto per rimettere insieme i pezzi, anche per nostra figlia, ma nel frattempo sono saltati fuori altri debiti».

La rete

Una storia diversa, ma lo schema è sempre lo stesso: un bisogno urgente di liquidità a causa di debiti e dipendenze, il rischio di perdere la casa e la propria vita a causa di alti tassi o di chi offre denaro “facile”. Ed è proprio a partire da casi come questi che ieri, nell’aula magna del Seminario Arcivescovile, è stato presentato il Vademecum antiusura, strumento pensato per spiegare come chiedere aiuto, a quali autorità rivolgersi e quali fondi pubblici esistono per prevenire la spirale dell’indebitamento illegale. A ricordarlo è stato don Marco Lai, presidente della Fondazione Sant’Ignazio da Laconi: «Le persone cadono in difficoltà economica per tanti motivi: la perdita del lavoro, stipendi che non bastano più, separazioni, dipendenze come alcol, droghe o gioco d’azzardo». Secondo il sacerdote, oggi l’accesso al denaro è più facile ma più insidioso: «Il sovraindebitamento apre la porta all’usura. I numeri aumentano». Solo nel 2024 la Fondazione ha sostenuto 90 famiglie, per un totale di circa 3 milioni di euro.

Le paure

Non è solo una questione economica, ma anche di dignità. Lo ha ricordato monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari: «L’uso del denaro deve favorire il benessere di tutti. Ogni asimmetria che umilia la dignità della persona è indegna della nostra civiltà». Esiste però un muro: «Le denunce sono poche», ha sottolineato, «perché prevalgono vergogna e paura. Si deve parlare di emergenza usura, perché significa sottolineare un uso poco educato del denaro, che colpisce non solo i singoli ma intere famiglie». Una questione sommersa che la Questura conosce. «Non abbiamo segnalazioni, ma ciò non significa che il fenomeno non esista», ha spiegato il questore Rosanna Lavezzaro. «Come nella violenza di genere, è un enorme questione nascosta. Se l’interessato non denuncia, per noi diventa più difficile intervenire. Chiedere aiuto è sempre la carta vincente».

L’aiuto

Il Vademecum, ha ribadito il prefetto Giuseppe Castaldo, nasce proprio per questo: dare strumenti semplici. «Stiamo costruendo un documento regionale unico», ha detto, «che tenga conto delle differenze della Sardegna e che possa essere divulgato in tutta l’isola».Nel volume che celebra i trent’anni della Consulta nazionale antiusura “San Giovanni Paolo II”, il presidente Luciano Gualzetti richiama il senso di una storia che deve proiettarsi nel futuro. «Questa realtà è nata grazie all’intuizione di don Di Liegro, monsignor D’Urso e altri sacerdoti che, a metà degli anni Novanta, compresero l’urgenza di organizzare fondazioni contro l’usura. Da quell’impegno sono nati la Consulta nel 1995 e, l’anno dopo, la legge 108, che ha introdotto il tasso d’usura e i fondi di prevenzione e solidarietà».Un fenomeno che, ancora oggi, resta sotterraneo: «In trent’anni», ricorda Gualzetti, «abbiamo aiutato a denunciare l’usura poche persone. In tutta Italia, sono davvero limitate». Ma l’assenza di numeri non significa assenza di rischio. «In Lombardia», dice, «la procuratrice antimafia ha stimato che l’80% delle imprese abbia avuto contatti con la criminalità organizzata, e quindi anche con il rischio usura. La criminalità penetra dove circola denaro, tra traffici illeciti e controllo del territorio. È un fenomeno che non va mai sottovalutato».

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