È lì da 140 anni e ne aveva già 30, nel 1860, quando fu collocata al centro della piazza che, allora, si chiamava Piazza San Carlo. La Statua in bronzo di Carlo Felice doveva celebrare la fine dei lavori sull'omonima strada e, quel braccio allargato, doveva indicare la direzione verso Sassari. Fu invece montata al contrario, apposta, si dice, come segnale verso una frequentata osteria di Via Manno. Nessun cagliaritano l'ha mai venerata come un monumento a un eroe, soprattutto perché di gesti eroici del Re piemontese non c'è traccia alcuna. Però, forse per carenza di statue e forse anche di eroi, ha finito per diventare uno dei simboli della città, un punto di riferimento e di incontro. Per manifestare, per protestare, per festeggiare qualcosa si va sotto Carlo Felice e lo si addobba a seconda della circostanza, una volta rossoblù, una volta Cancioffali. Ora, alcuni revisionisti, categoria di cui si sta riempiendo il mondo, vorrebbero eliminare o spostare il monumento all'indegno re. E io sono d'accordo, sul fatto che sia stato indegno, ma vorrei che la statua restasse lì. Non per venerazione e nemmeno per scarsa cultura indipendentista. Semplicemente perché la storia siamo noi e quella statua in quel punto è parte del nostro vissuto, al di là di chi rappresenta. E poi perché il revisionismo storico, se porta all'eliminazione di un simbolo con 200 anni di ritardo, assomiglia a una rivoluzione di cartone.

BEPI ANZIANI
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