A i tempi in cui il mito di Graziano Mesina era ai massimi livelli, i ragazzini giocavano ancora per strada ed uno dei giochi di gruppo più in voga era banditi contro carabinieri. Ma, mentre prima nessuno voleva fare il bandito, per un po' di tempo fu difficile trovare qualcuno che volesse fare il carabiniere. Si è discusso tanto in questi giorni su chi ha avuto le colpe maggiori nella creazione della leggenda che vuole Grazianeddu come un bandito per forza, vittima della società e delle faide barbaricine, perseguitato dalla giustizia. Molti pensano che sia colpa dei giornalisti che ne hanno raccontato le gesta con inchiostro benevolo. Le imprese di Mesina, i racconti delle sue evasioni, dei suoi amori e della nuova vita dopo la grazia, hanno occupato per anni le prime pagine dei giornali. Però io non credo che sia colpa dei giornali. Il mito si é alimentato fra la gente tanto che c'è chi ricorda, quasi con commozione, che il giorno in cui fu catturato, nel 1968, in centinaia scesero in strada a Nuoro solo per poterlo vedere e acclamarne il nome. La cronaca fu generosa come si fa con un eroe positivo ma i giornalisti non fecero altro che cavalcare la sensibilità popolare. Poi, Mesina ha fatto di tutto per distruggere il suo mito e oggi anche i suoi fans, ormai cresciuti e maturi, devono accettare, seppure a malincuore, che la primula rossa non meritava un posto nel loro cuore ma, piuttosto, in una cella sicura.

BEPI ANZIANI
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