Il 22 luglio 2001 moriva a 92 anni uno dei più grandi giornalisti italiani, Indro Montanelli.

Cane sciolto, insofferente ai luoghi comuni, vero e proprio inviato d'assalto. Di quelli che oggi quasi non esistono più.

Prende due lauree, in giurisprudenza e scienze politiche, poi si trasferisce in Francia per il suo primo lavoro da reporter, per "Paris Soir".

Nel 1935 si arruola nell'esercito e va in Eritrea. Quando va in Spagna come inviato per il Messaggero ecco le prime frizioni con il fascismo: parla malissimo del regime spagnolo, inimicandosi quello fascista. Per questo viene richiamato in patria, dove viene escluso dal partito e dall'ordine professionale. Lo mandano in Estonia a dirigere l'istituto italiano di cultura poi, una volta tornato in Italia, inizia il lungo rapporto con il Corriere della Sera, che andrà avanti per 40 anni.

Le sue corrispondenze durante la Seconda Guerra Mondiale sono tra le più apprezzate, ma nel 1944 finisce in carcere a San Vittore per antifascismo. I nazisti lo condannano a morte, lui si salva grazie all'arcivescovo di Milano che intercede per lui.

Uscito da San Vittore, si rifugia in Svizzera per poi tornare a Milano - e al Corriere - dopo la fine della guerra. Dalle colonne del Corriere per anni ha fustigato i costumi degli italiani e demolito diversi luoghi comuni.

Negli anni '70 lascia il Corriere, dopo la svolta a sinistra del quotidiano sotto la direzione di Piero Ottone, e fonda "Il Giornale Nuovo", che poi diventerà "Il Giornale". Nella stagione del terrorismo anche lui viene colpito. Gambizzato dalle Brigate Rosse, il Corriere neanche lo nomina nell'articolo e parla di un "noto giornalista gambizzato dalle Br".

Il suo giornale parte bene, poi cala e, quando sembra vicino alla crisi, arriva un nuovo editore: Silvio Berlusconi. I contrasti con il Cav nascono quando quest'ultimo decide di scendere in campo e fondare Forza Italia.

Montanelli non è tipo da piegarsi ai diktat, così lascia in polemica e fonda "La Voce". Che non va bene e chiude dopo non molto tempo. Lui torna al Corriere, dove scrive i suoi editoriali e rifiuta la direzione che gli offre il direttore Paolo Mieli. Un gesto che lo stesso Montanelli sostiene di non aver mai dimenticato.

Muore in una clinica di Milano dopo tre settimane di ricovero per un malore.

(Unioneonline/L)

Luglio 2019

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