Il 22 luglio 2011 la Norvegia piomba nel terrore.

Un doppio attentato terroristico organizzato da Anders Behring Breivik, 32enne simpatizzante dell'estrema destra, mette al tappeto il Paese scandinavo.

Prima ad Oslo, nel quartiere dove si trovano i palazzi del governo, esplode un'autobomba - parcheggiata proprio di fronte al palazzo dove si trova l'ufficio del primo ministro - causando la morte di otto persone e il ferimento di altre 219. Sono le 15.25.

Due ore dopo sull'isola di Utoya, mentre è in corso un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese, un uomo con documenti falsi e un'uniforme simile a quella della polizia, apre il fuoco sui partecipanti con un'arma automatica. Ne uccide 69, ne ferisce 110.

Si tratta dell'atto violento più grave mai avvenuto in Norvegia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

L'uomo che apre il fuoco sull'isola di Utoya è sempre lui, Anders Breivik, e lì viene arrestato in flagranza di reato.

In tribunale Breivik afferma di aver compiuto gli atti per "dare un messaggio forte al popolo norvegese" e per "fermare i danni del partito laburista" e una "decostruzione delle cultura locale per via dell'immigrazione di massa dei musulmani".

La corte lo considera sano di mente, e Breivik viene condannato a 21 anni di carcere, pena massima dell'ordinamento norvegese.

(Unioneonline/L)

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