Tutti lo ricordano come il "Lunedì Nero" della Borsa di Wall Street quel 19 ottobre 1987. Ma cosa accadde davvero?

L’indice Dow Jones crolla di oltre il 22%, una notizia inattesa perché fino al venerdì precedente la situazione non sembrava tanto drammatica.

Eppure le conseguenze sono devastanti: l’Ftse 100 di Londra chiude a -26,4%, Madrid a -31%, Sydney a -41,8% e Hong Kong a -45%.

A Milano Piazza Affari registra danni limitati con -6,4%.

All’origine di tutto non c’è un evento preciso e determinato, piuttosto una serie di elementi partiti, secondo molti, da Hong Kong.

A livello informatico, alcuni programmi che, al raggiungimento di un valore minimo predeterminato, chiudono in automatico la transazione sembra che avessero - insieme – amplificato le vendite sui mercati asiatici, così da indurre gli operatori di Wall Street a fare la stessa cosa. Ma intanto a Londra molti traders erano stati impossibilitati a raggiungere la Borsa il venerdì prima a causa di una tempesta. Quindi il 19 ottobre avevano cominciato chiudendo le posizioni aperte nei giorni precedenti, ossia il giovedì.

Sul fronte economico in effetti non ci sono cause degne di nota, l’economia Usa procedeva in prosperità. Ecco perché il "Lunedì Nero" è rimasto nella storia come caso unico. Da allora i programmi che si basano sugli algoritmi sono stati in parte modificati ed è stata eliminata la chiusura automatica delle transazioni in corso al raggiungimento del valore minimo preimpostato. Così come le Borse hanno introdotto la sospensione delle contrattazioni quando un titolo registri perdite oltre una certa soglia.

(Unioneonline/s.s.)

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