In Irlanda dal 2015 l'Iva non si paga proprio e intanto, dopo il via libera dell'Ue, sono dodici i Paesi europei che hanno abbassato la tampon tax: dalla Spagna (10%) alla Francia (5,5), dal Regno Unito (5%, con la Scozia che fornisce assorbenti gratis alle studentesse) alla Germania, passata dal 19 al 7%.

Nel resto del Continente si continua invece ad applicare ai prodotti igienici femminili la medesima aliquota prevista per i beni di lusso e l'Italia - dove l'Iva su tamponi interni e assorbenti è al 22% - sta dentro questa pattuglia capeggiata dall'Ungheria (25%). Un mucchio di soldi estorti alle donne ogni mese, e alle italiane ancor di più se si pensa che quando l'aliquota venne introdotta, anno 1973, era stata fissata al 12% ed è cresciuta di anno in anno fino al picco attuale. Un'Iva del 22% non è uno scherzo perché grava sul prezzo di un prodotto equiparato ai beni non essenziali come i prodotti tecnologici, ad esempio, o le sigarette. Un pacco di assorbenti costa in media oltre 4 euro, ma per affrontare con tranquillità i giorni del ciclo mensile a tante ragazze e signore ne servono quasi due.

La "povertà mestruale" nel mondo - È dunque anche una questione di costi, soprattutto per le donne che non possono spendere tanti soldi, sicché viene difficile capire perché questo problema se lo siano posto altrove e invece mai in Italia. In tutto il mondo si parla di "period poverty", povertà mestruale, ovvero dell'impossibilità per tantissime ragazze e donne di potersi permettere i tamponi sanitari per affrontare le mestruazioni senza troppo disagio e nella maniera più igienica possibile.

Un assorbente usa e getta (Foto P.Serusi)
Un assorbente usa e getta (Foto P.Serusi)
Un assorbente usa e getta (Foto P.Serusi)

Succede in Africa, nel sud-est asiatico, in Sudamerica, ma anche in Europa. Nel Regno Unito, ad esempio, il 10% delle ragazze tra i 14 e i 21 anni ha dichiarato di non potersi permettere gli assorbenti, il 15% di fare fatica ad acquistarli e il 14% di chiederli ad amiche perché troppo cari. Un disagio che, come primo effetto, si traduce in giorni di scuola persi. Detto questo, c'è un punto di principio da considerare: perché mai i prodotti per l'igiene maschile (come i rasoi, ad esempio) vengono tassati al 4% e quelli femminili, invece, sono gravati da un'aliquota insostenibile? Capite perché, dunque, il tema di cui stiamo parlando importa direttamente questioni femministe ed è perciò una battaglia di tutte le donne nel mondo.

Tentativi di ribasso a ogni legislatura - In Italia la riduzione della tassa è all'esame del governo che sta limando la manovra finanziaria sotto una mole di emendamenti: i 5 Stelle propongono di abbassarla al 5% ma solo sugli assorbenti completamente biodegradabili, mentre una mozione che ha come prima firmataria la deputata Pd Laura Boldrini (richiesta riammessa dopo una prima bocciatura dalla Commissione Finanze della Camera) sollecita un ribasso al 10% "sui prodotti sanitari e igienici femminili, quali tamponi interni, assorbenti igienici esterni, coppe e spugne mestruali".

La questione, a dire la verità, ritorna a ogni legislatura: per raccontare solo i tentativi più recenti basta risalire al 2016 con la proposta di Beppe Civati (allora nelle file di Possibile) che propose un'Iva del 4%, lanciò una petizione che raccolse quasi 68mila firme, e finì per incassare giusto gli sberleffi di chi gli diceva di occuparsi "di cose più serie".

Nel 2018 ci ha provato anche il Partito democratico presentando in commissione Bilancio un emendamento alla proposta di legge sulle semplificazioni fiscali, mozione (con richiesta di aliquota al 5%) respinta perché, è stata la risposta, "mancano le coperture".

Le "ragioni" finanziarie e ambientali - Così, se non si deciderà altrimenti, gli assorbenti femminili resteranno un bene di lusso. Finora dietro la frenata sull'abbassamento dell'Iva sono state richiamate esclusivamente ragioni di tipo finanziario, riconducibili alle presunte difficoltà di reperire le coperture per l'imposta sui prodotti dell'igiene femminile. Secondo i calcoli della Ragioneria di Stato, abbassare l'Iva dal 22% al 10% farebbe perdere all'Erario 212 milioni l'anno, mentre fissandola al 5% sparirebbero oltre 300 milioni. Sono invece i 5 Stelle a indicare anche motivi legati alla tutela dell'ambiente, almeno secondo quanto dichiarato da Francesco D'Uva, capogruppo del Movimento alla Camera, nei giorni precedenti alla riammissione dell'emendamento. "Perché non abbiamo abbassato l'Iva sugli assorbenti? Non c'era la copertura finanziaria in quel provvedimento. E, in più - aveva spiegato - noi siamo anche per l'ambiente, non siamo a favore degli assorbenti usa e getta. Ci sono delle possibilità non inquinanti, come le coppette mestruali e i pannolini lavabili". Inutile dire che le parole del parlamentare 5 Stelle hanno incendiato il dibattito politico e i social.

Alternative per ambiente e salute - Ma esiste davvero un impatto ambientale di assorbenti e tamponi usa e getta? Secondo i dati delle aziende del settore, ogni anno in Italia vengono utilizzate 900mila tonnellate di prodotti assorbenti (compresi pannolini per bambini e panni per adulti che soffrono di incontinenza). A voler fare una stima si deve considerare che in media, nell'arco di un anno, ogni donna consuma quasi 300 assorbenti (o tamponi interni) e a voler considerare l'intera vita fertile (più o meno 40 anni di ciclo mestruale) dai 5mila ai 10mila, dipende anche se usa o meno la pillola anticoncezionale e dal numero di gravidanze. Numeri non trascurabili, e infatti sono sempre più le donne che utilizzano prodotti alternativi come gli assorbenti lavabili, le mutandine impermeabili (non adatte però a chi ha un flusso mestruale intenso) o le coppette mestruali. Rispetto per l'ambiente a parte, tra i motivi che spingono tante donne a rinunciare agli assorbenti usa e getta ci sono anche le possibili irritazioni alle mucose che l'uso prolungato può causare. Spesso infatti i tamponi sono fatti di materiali derivati dal petrolio che non garantiscono la traspirabilità aumentando così la possibilità di candide e cistiti.

Le coppette salvaciclo - Le coppette mestruali sono l'alternativa più ecologica agli assorbenti usa e getta. Si tratta di minuscole campane generalmente fatte di silicone medico o di una plastica flessibile come quella delle tettarelle, che si inseriscono all'interno della vagina e raccolgono il sangue mestruale finché non vengono tolte e svuotate. Siccome ne basta una, che costa dai 15 ai 20 euro e dura anche dieci anni, la spesa per affrontare il ciclo è assai contenuta. Le taglie sono diverse, e la scelta per ogni donna dipende dalla conformazione della vagina, dall'entità del flusso, se si ha già partorito o meno. Quanto alla pulizia, durante il ciclo è sufficiente sciacquare la coppetta con acqua e inserirla dopo essersi lavate bene le mani; tra un ciclo e l'altro è necessario tenerla anche per qualche minuto in un pentolino di acqua bollente.
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