Nella spesa dei fondi strutturali comunitari (Fesr) 2007/2013 la Regione Sardegna si ferma al 49% della rendicontazione, ma supera il 50% per i pagamenti effettuati (679 milioni su circa 460 milioni rendicontati).

Attualmente il rischio di disimpegno è minimo e su 1,381 miliardi (tra 680 mln di fondi Ue e cofinanziamento nazionale e regionale pari al 50%) al 31 dicembre si stima di "perdere" circa 3 milioni di euro.

Il dato è emerso durante la riunione a Cagliari del Comitato di sorveglianza del Por Fesr, che ha anche fatto il punto sulla nuova programmazione 2014-2020.

SUL BANCO DEGLI IMPUTATI - A frenare la spesa è soprattutto la burocratizzazione delle procedure, in caso di appalti pubblici, i vincoli del patto di stabilità sulla parte del cofinanziamento e la mancanza di liquidità delle imprese che sono chiamate a contribuire ai programmi con risorse proprie. "In Italia siamo più indietro rispetto alla programmazione 2000-2006 e occorre spendere in fretta più del 60% delle risorse in un terzo del tempo disponibile - ha spiegato Giorgio Martini, della direzione generale per la Politica Regionale Unitaria Comunitaria del Ministero dello Sviluppo Economico - La Sardegna con il 45-47% delle risorse spese è in linea con il resto d'Italia. Il problema semmai è che dal 1 gennaio 2014 ci si troverà davanti una sovrapposizione di risorse incredibile perché oltre a questi fondi da spendere in fretta, occorrerà mettere in campo subito quelli del Piano di azione e coesione e programmare quelli della programmazione 2014-2020".

IL MONITO DELL'ASSESSORE - Alessandra Zedda, assessore della Programmazione, ha spiegato che "le risorse a disposizione per il 2014-2020 si ridurranno molto, presumibilmente del 30%, e solo una più efficace utilizzazione potrà compensare la riduzione delle stesse". Riguardo i nuovi interventi, che saranno esaminati nelle prossime sedute della Giunta regionale, questi saranno orientati verso alcune macroaree quali la qualità della vita e inclusione sociale, lavoro, competitività dei sistemi produttivi, innovazione, istruzione e formazione. "Occorrerebbe - ha proposto l'esponente dell'esecutivo Cappellacci - cambiare il metodo facendo in modo che sia la domanda a trainare l'offerta e non il contrario".
© Riproduzione riservata