Maurizio Landini della segreteria nazionale della Cgil, ospite a Ottana, non ha dubbi: "Per creare posti di lavoro bisogna far partire gli investimenti pubblici e privati, ma in un'area che deve essere prima di tutto bonificata. Occorre quindi portare avanti una battaglia unitaria, che porti a risultati certi, ma con un progetto e indirizzi comuni".

È stata quindi una giornata di lotta unitaria, per vedere riconosciuti i diritti di assistenza contro l'amianto e per smuovere lo Stato che deve riconoscere Ottana come area di crisi complessa.

Appare però difficile costruire il futuro sulle macerie di una fabbrica chimica dismessa se non c'è l'intervento dello Stato, facendo pagare chi l'inquinamento lo ha creato, quali Eni e Montedison.

Come ripartire in quell'area dove sono celati i veleni accumulati in oltre quarant'anni di attività chimica e dove le ciminiere non fumano più ormai da oltre due anni? Come convincere l'Inail che in quei capannoni c'era tanto amianto da uccidere decine di operai?

Domande, riflessioni e tanta rabbia, per richiamare lo Stato ad essere meno distante in un'area dove sono stati persi circa 3 mila posti di lavoro, devastata dall'inquinamento, dove i reduci di quell'avventura durata 45 anni, fatta di lavoro per la produzione di fibre sintetiche, di lotte, di rivendicazioni per il nuovo sviluppo, si sono ritrovati ieri mattina in una grande sala di un albergo, per parlare della battaglia contro l'amianto e per proporre soluzioni per lo sviluppo e per creare lavoro. Oltre quattrocento persone hanno accolto l'appello lanciato dall'Aiea (associazione esposti all'amianto) e dalla Cgil, che si è presentata all'appuntamento con i vertici provinciali e regionali, con gli assessori regionali Luigi Arru (Sanità) e Donatella Spano (Ambiente), i parlamentari neo eletti del M5S, oltre esponenti di altri territori, della Penisola, i sindaci e le vedove di quelli operai vittime dell'amianto.
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