Potevano scriverlo, ma non l’hanno fatto. Potevano prevederlo esplicitamente, ma se ne sono guardati bene. L’avrebbero dovuto dichiarare apertamente, ma davanti agli interessi di lobby e affari di Stato hanno negato alla Sardegna e ai sardi ogni sacrosanto diritto di parità in tema di metanizzazione. Potevano prevedere l’equiparazione dei costi energetici, sia per il gas che per l’elettricità, alla pari di ogni altra Regione italiana, ma hanno preferito utilizzare ogni possibile formula per negarlo. Il “Decreto Energia”, quello alla firma di Mario Draghi, è la fotografia esatta dei rapporti tra lo Stato italiano e la Regione sarda. Basti un solo dato per capire la gravità di quell’atto che il Presidente del Consiglio potrebbe siglare ad horas: in tutta la partita della transizione ecologica europea l’unica Regione in procinto di essere commissariata è proprio la Sardegna. Non esiste un solo caso, né di leggi né di decretazione d’urgenza, in cui il Governo abbia mai assunto il pieno potere decisionale su una partita delicata come l’energia. Eppure, Draghi & Cingolani, Premier e Ministro del fu Ambiente, hanno scelto di imporre, con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quei Dpcm che si usano in caso di guerra o di pandemia, nuove servitù, di terra e di mare, pur di raggiungere, sulla testa della Sardegna e dei sardi, gli obiettivi prefissati dall’agenda ecologica di Bruxelles.

Discarica Sardegna

La sintesi è eloquente: scaraventiamo nell’Isola dei Nuraghi gran parte delle pale eoliche e delle distese di pannelli fotovoltaici necessarie per raggiungere i parametri imposti dal Pnrr. I sardi, dunque, subiranno la devastazione ambientale e paesaggistica senza alcuna minima ricaduta, né economica, tantomeno occupazionale, anzi. Quell’energia eolica e solare, che non si può accumulare se non trasformandola in idrogeno, verrà spedita, senza perdere tempo, direttamente in Sicilia per utilizzarla nel sistema elettrico italiano. E non è un caso che uno dei punti nevralgici del decreto, impropriamente intitolato alla Sardegna, prevede la miliardaria realizzazione di un cavo-guinzaglio che, partendo dalle coste cagliaritane, raggiungerà la Sicilia con un unico obiettivo: mettere al servizio delle altre Regioni l’energia prodotta dal vento e dal sole di Sardegna. Pale eoliche, distese fotovoltaiche e il cavo elettrico di connessione con la Sicilia sono le uniche certezze del decreto che l’ex banchiere d’Europa si accinge a varare. Tutto il resto è nebbia, fitta e pesante, a partire dalla pseudo “metanizzazione” dell’Isola. Scorrendo le norme si può toccare con mano il niente. Il primo elemento è quello che circoscrive il raggio d’azione del provvedimento che Palazzo Chigi sta per sottoscrivere. Va detto, per chiarezza, che il margine di manovra del Governo era stato già definito nella legge che aveva imposto il commissariamento della Sardegna in tema di energia. Nella norma, l’art.60 del decreto legge 76/2020, era stato, infatti, messo nero su bianco il limite, infrastrutturale ed economico, che lo Stato imponeva alla metanizzazione dell’Isola.

Apprendisti stregoni

La “scusa” del decreto, contenuta nel preambolo, era persino suggestiva: «Il rilancio delle attività produttive dell’Isola». Un piano da attuare utilizzando una formula legislativa da apprendisti stregoni, capaci di nascondere l’evidenza: in realtà si tratta di un atto che niente ha a che fare con lo sviluppo dell’Isola, tantomeno delle attività produttive. E, infatti, lo Stato, con il decreto che Draghi sta per firmare, prevede di realizzare questa “finta” metanizzazione, anche ai fini tariffari, attraverso il collegamento dei terminali della costa toscana solo «fino ai terminali di rigassificazione da realizzare nella Regione stessa (la Sardegna n.d.r.)». Non serve essere degli addetti ai lavori per comprendere la “finezza” del trucco. Il Governo, infatti, attraverso veri e propri accrocchi di stampo medioevale, pagherà il rafforzamento dei rigassificatori toscani dai quali si dovrebbero approvvigionare le “bettoline”, si chiamano proprio così, per trasportare il gas naturale «fino» ai rigassificatori che si prevede di realizzare a Portoscuso, a Porto Torres e forse a Oristano.

«Fino» alla costa

E’ quel «fino» alla costa, ribadito in ogni modo nel decreto, che si racchiude la trappola del Governo. In pratica Draghi e Ministri, con questo passaggio fanno un duplice regalo ai grandi gruppi energetici, quelli del gas in particolar modo: da una parte gli pagano l’infrastrutturazione per portare il gas naturale «fino» alla costa sarda e, poi, gli lasciano il libero arbitrio di trasportarlo dove vorranno e, soprattutto, liberi di imporre ai sardi i prezzi che vorranno. Tutti passaggi declinati con l’abilità dei parolieri di Palazzo, da sempre in grado di celare dietro una norma la più imponente delle fregature di Stato. L’articolo 2 del decreto, oltre all’invasione eolica e al cavo guinzaglio con la Sicilia, prevede alcuni interventi che la dicono lunga sul progetto che l’esecutivo Draghi sta perseguendo. I punti salienti in materia di gas sono imperniati su due versanti, quello della costa toscana e quello del nord e sud dell’Isola. I primi interventi riguardano «l’adeguamento del rigassificatore di Panigaglia per consentire il caricamento del Gnl su bettoline» e «garantire il funzionamento del collegamento virtuale». I secondi riguardano la costa della Sardegna.

Il trucco di Stato

E’ qui che si comincia ad esplicitare “il trucco” di Stato. Il concetto è celato dai sotterfugi, ma è chiaro nella sostanza, a partire dal sud dell’Isola. Per Portovesme si prevede di realizzare una piattaforma a mare, galleggiante, per posizionare sulla costa una “Unità di Rigassificazione” adeguata a servire il segmento Sud Industriale e termoelettrico, nonché il bacino di consumo della città metropolitana di Cagliari. In realtà, però, non c’è scritto da nessuna parte che devono essere realizzate le reti di collegamento tra il terminale a mare, le attività industriali e la città metropolitana di Cagliari. Non proprio un passaggio marginale, anzi. E’ il cuore del problema: il gas avrà un tariffa unica nazionale «fino» al terminale a mare, poi, però, le opere che dovranno essere realizzate per trasportarlo saranno a carico del gestore che, poi, le ammortizzerà scaricandole proprio sulle bollette degli utenti finali della Sardegna.

Si paga di più

E’ chiaro che i sardi, se mai questa soluzione sarà attuata, pagheranno il gas naturale molto di più di qualsiasi altra realtà italiana ed europea, proprio perché l’ammortamento di quelle opere sarà circoscritto al solo bacino unico della Sardegna. Il tentativo di omettere questo passaggio è tutto legato all’esigenza di mitigare in qualche modo l’unico vero obiettivo del decreto: scippare il vento e il sole di Sardegna. Che non sia previsto alcun intervento statale per abbattere il gap energetico in tema di gas naturale è sancito a monte, nella norma del 2020, quando alla Camera e al Senato furono presentati, alcuni emendamenti di bandiera che prevedevano di estendere il prezzo unico nazionale del gas a tutta la Sardegna, e, dunque, non solo «fino» alla costa. Emendamenti ritirati e bocciati, a significare che nessuno voleva farsi carico dei costi di infrastrutturazione dell’Isola. Costi che, in quel caso, si sarebbero dovuti ripartire su scala nazionale, nel pieno rispetto di un principio sacrosanto di riequilibrio e coesione. Non ne hanno voluto sentire. Hanno preferito soddisfare esclusivamente le lobby nazionali del gas, abbattendo i costi solo per il trasporto dalla Toscana alla costa sarda, fregandosene di quanto, poi, sarebbe successo in Sardegna, sia in termini di realizzazione delle reti, non contemplate nel collegamento “virtuale”, che sul piano del costo del gas a bocca di fornello.

Volutamente confuso

Un provvedimento quello in attesa dell’autografo di Draghi che appare, forse volutamente, confuso proprio nella definizione degli ipotetici collegamenti tra la costa e le varie realtà urbane. Basti un esempio: nel decreto è previsto che i terminali costieri di Portovesme, Oristano e Porto Torres «siano collegati attraverso tratti di rete con i principali bacini di consumo industriale ed, eventualmente, alle aree che saranno interessate dalla realizzazione di centrali termoelettriche alimentate a gas». Tratti di “tubo” che non rientreranno in alcun modo nei costi del “collegamento virtuale” e, quindi, non “godranno” della comparazione dei costi rispetto a quelli previsti per il resto del Paese. A questo si aggiunge quel «eventuale» collegamento con centrali termoelettriche a gas da realizzare. Siamo dinanzi a vere e proprie fantasie: il decreto, infatti, prevede che le centrali termoelettriche, quelle a carbone di Porto Torres e Portovesme, siano chiuse, senza colpo ferire, entro il 2025. E non è un caso che la Sardegna, per decisione di Roma, di Terna, dell’Enel e di lobby varie, sia l’unica Regione che non riconvertirà a gas quelle centrali. Per ipotizzare le reti di adduzione e di distribuzione, sempre senza garantire un costo del gas alla pari del resto del Paese, bisogna arrivare al comma 5 dell’articolo due. E’ qui il capolavoro normativo: i terminali sono «eventualmente» collegati «ove possibile in funzione dell’analisi costi/benefici svolta nell’ambito della progettazione» alle reti di distribuzione realizzate o in cantiere.

Solo scippo

Per lo scippo di sole e vento certezze assolute, cavo-guinzaglio elettrico pronto alla realizzazione, per il collegamento del gas alle case dei sardi, invece, bisognerà attendere la valutazione dei “costi/benefici”. Come dire: se non conviene realizzare quei collegamenti abbiate pazienza resterete senza gas. Del resto tale “ipotesi”, dunque non una certezza, è riservata solo alle aree del Sulcis, di Cagliari, Oristano e Sassari. Per la capitale della Sardegna si aggiunge una variabile ancora più incerta con «l’eventuale inclusione nel collegamento virtuale di un impianto di rigassificazione nell’area portuale di Cagliari». Un’ipotesi contemplata nel decreto Draghi che lascia comprendere la confusione con la quali il governo si sta occupando del caso Sardegna.

Il pasticcio di Cagliari

Prevedere nello stesso provvedimento il collegamento, con una mini dorsale, tra Portovesme e Cagliari e, nel contempo, ipotizzare la realizzazione di un rigassificatore nel Porto Canale di Cagliari è semplicemente fuori da ogni logica. E’ chiaro, infatti, che, se si realizzasse il rigassificatore a Cagliari, sarebbe del tutto antieconomica la dorsale di collegamento con Portovesme. Resta fuori da questo decreto gran parte della Sardegna, con intere province totalmente escluse anche da ogni “ipotesi” di collegamento. Dal Governo fanno sapere che si attiverà un’economia del trasporto del gas su gomma. In pratica si useranno quelli che tecnicamente si chiamano “carri bombolai”, ovvero cisterne che viaggeranno cariche di gas nelle arterie più disparate e insicure dell’Isola. La rivoluzione energetica targata Draghi non avrà eguali: per la Sardegna solo bettoline, carribombolai e collegamenti virtuali. Per il resto sarà una valanga di affari, tutta da consumarsi sulle spoglie dell’Isola dei Nuraghi.

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