Dazi sulle importazioni negli UsaI produttori sardi lanciano l'allarme
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Tempi bui per la libertà di circolazione nel mondo. Prima i cupi scenari della Brexit, ora l'ultima dichiarazione di guerra di Donald Trump: si annunciano dazi fino al 100% del valore dichiarato dei prodotti importati negli Stati Uniti dall'Europa.
Un vetero protezionismo che potrebbe avere ripercussioni pesantissime sulla bilancia commerciale di molti Paesi, compresa l'Italia e compresa la Sardegna, che in terra nordamericana esporta beni per 130 milioni di euro (nel 2016), di cui oltre 104 milioni di prodotti agroalimentari. L'allarme è altissimo, l'assessore regionale all'Agricoltura, Pier Luigi Caria, dice: "Siamo pronti a fare tutte le azioni di lobby a Roma e Bruxelles per tutelare i nostri interessi".
GRANDE APPRENSIONE - "Siamo molto preoccupati per la situazione che si creerà in Inghilterra, che potrebbe crearsi negli Usa e che persiste da tre anni in Russia a causa dell'embargo", sottolinea Stefano Mameli, segretario regionale di Confartigianato. "Negli Usa esportiamo soprattutto prodotti agroalimentari, ma in Inghilterra arrivano tantissime altre nostre produzioni come il sughero o i materiali lapidei. Immaginiamoci solamente quali saranno i problemi di sdoganamento alle frontiere. In ogni caso la Sardegna dovrà andare avanti, le nostre imprese devono puntare su innovazione, qualità e formazione e trovare nuove vie commerciali, nell'est e in Oriente".
CONSEGUENZE - Avverte Francesco Porcu, segretario generale della Cna, che "il contraccolpo sarà pesante, prima sulle imprese strutturate, poi a cascata sulla filiera. Ci auguriamo che alla fine la ragione prevalga, che i trattati internazionali producano i loro effetti, che la resistenza che Trump incontra anche in casa abbia la meglio. Per quanto riguarda Brexit, l'Europa deve avere una voce univoca, perché se ogni nazione lotta da sé la partita è persa in partenza".
Ricordano Porcu e il presidente della Cna Pierpaolo Piras che già nel 2016 c'è stata "una brusca frenata della domanda mondiale di prodotti sardi (meno 11%), il calo dell'agroalimentare è del 7% (vale 182 milioni) e fatichiamo a reggere la sfida dei mercati globalizzati. Dobbiamo cambiare prospettiva".
GLI SCENARI - "A livello nazionale prima di tutto c'è il vino, poi l'olio, i formaggi e la pasta. Il prodotto simbolo dell'esportazione isolana è il Pecorino romano fatto con il 70% del latte ovino. Della produzione complessiva, oltre il 30% è venduto proprio negli Stati Uniti", spiega il presidente di Coldiretti, Battista Cualbu. "Dunque, non è sicuramente la notizia che stavamo aspettando. Però allo stesso tempo dobbiamo essere capaci di trovare uno stimolo per cercare nuovi mercati e non legarci solo ad uno come per lungo tempo è successo con le conseguenze che già abbiamo e stiamo pagando".
LA REGIONE - L'assessora all'Industria, Maria Grazia Piras, evidenzia quanto "il tema dell'internazionalizzazione" sia cruciale per la Giunta Pigliaru: "Per vincere la scommessa dell'export è necessario puntare su qualità e cooperazione tra imprese". Detto questo, ora, "per scongiurare queste dinamiche mondiali c'è bisogno di più Europa e di una migliore Europa. Con un compito ulteriore: rappresentare gli interessi del tessuto produttivo comunitario e farsi portatrice di una visione che prevede che i mercati mantengano ovunque il corretto grado di apertura e leale concorrenza".
Spiega l'assessore all'Agricoltura, Pier Luigi Caria: "Il protezionismo non ha mai fatto bene all'economia mondiale, ed è certo che se dovesse colpire la Sardegna e i nostri prodotti non staremo con le mani in mano. Siamo pronti a fare tutte le azioni di lobby a Roma e Bruxelles per tutelare quelle fette importanti di export che si sono costruite con enorme fatica".
Cristina Cossu