Panzane “bestiali”, ecco perché gli animali non sono quelli che crediamo
Graziano Ciocca, biologo e divulgatore, aiuta a districarsi tra le tante fake news che caratterizzano il mondo animale
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Quante cose diamo per scontate quando si parla del mondo animale. Pensiamoci bene: se ne sentono di tutti i colori e il più delle volte non ci soffermiamo neppure a riflettere sulla plausibilità di quanto ascoltiamo. Quindi difficilmente ci chiediamo se è vero, come racconta la vulgata, che il lupo ulula alla luna. E che gli struzzi nascondono la testa sotto la sabbia e neppure ci fermiamo a riflettere se ci dicono che gli elefanti hanno paura dei topi.
In realtà si tratta di comportamenti che non si riscontrano in natura, anzi si tratta di vere e proprie assurdità che però fanno oramai parte del nostro bagaglio culturale perché così ci è stato raccontato da un antico filosofo greco, da un manipolo di marinai perditempo in una vecchia cronaca o semplicemente dal cartone animato che amavamo di più da bambini. Graziano Ciocca, biologo e divulgatore, ci aiuta a districarci tra le tante fake news che caratterizzano il mondo animale nel suo “Bufale bestiali” (DeAgostini, 2021, pp. 192, anche e-book, illustrazioni di Lorenzo De Felici) divertente e interessantissima guida per imparare a guardarci intorno con l’entusiasmo di un bambino e la mente di uno scienziato.
A Graziano Ciocca chiediamo prima di tutto come nascono le tante bufale sul mondo animale di cui parla nel libro:
“Nascono in molti modi. In primo luogo, noi esseri umani tendiamo a seguire quello che fa la massa. Dal punto di vista evolutivo siamo una specie che tende a guardare quello che fanno gli altri. Nel libro racconto di un esperimento sociale fatto anni fa: in un ascensore veniva fatto salire un gruppo di persone che dovevano stare rivolte tutte in una direzione. L’unica persona estranea al gruppo, dopo un po’, si è girata nella direzione degli altri. Insomma, abbiamo paura a stare fuori dal gruppo e quindi se tutti dicono che le bottiglie piene d’acqua impediscono ai gatti di fare pipì ci conformiamo. Se abbiamo sentito che gli struzzi mettono la testa sotto la sabbia, ci crediamo”.
Ci sono altri meccanismi che alimentano le bufale bestiali?
“Certo. Per esempio, tendiamo a voler cercare una spiegazione razionale, una causalità tra due eventi che invece sono scollegati. Se vediamo un cammello dopo una traversata del deserto con le gobbe ‘sgonfie’ e poi lo rivediamo dopo qualche giorno di riposo, con le gobbe ‘piene”, subito pensiamo che dentro ci sia acqua. Pensiamo che le gobbe siano una sorta di cisterna che si svuota quando il cammello non può bere e si riempie quando l’animale trova l’acqua. In realtà questi organi sono delle riserve di grasso. Insomma, quando si tratta di animali cerchiamo delle spiegazioni che sono convincenti dal nostro punto di vista e raramente andiamo a verificare se hanno un fondo di verità scientifica”.
Come mai questa scarsa voglia di andare a fondo nonostante sugli animali ultimamente ci sia molta attenzione mediatica?
“La nostra soglia di attenzione si alza quando ci sono di mezzo argomenti che consideriamo realmente importanti come i soldi e la salute. Il resto viene trattato come curiosità e ci si accontenta di quello che ci viene trasmesso anche a livello culturale. Senza però tenere conto che molte delle informazioni sul mondo animale che prendiamo come oro colato ci derivano da fonti molto antiche e quindi poco affidabili. Dell’elefante che ha paura dei topi e dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia ce ne parla il naturalista dell’antica Roma Plinio il Vecchio, morto quasi duemila anni fa”.
Conta anche la propensione umana ad attribuire agli altri animali i propri comportamenti?
“Questo conta moltissimo perché crea false interpretazioni, quelle che in biologia chiamiamo ‘antropomorfizzazioni’. È il meccanismo che ci porta a cercare di inquadrare il comportamento animale nei canoni umani. Così ci sembra normale dire che il cane ‘è felice’, oppure che ha ‘una sguardo tenero’. O ancora tifare per la gazzella quando è inseguita da un leone senza pensare che il predatore ha il diritto di nutrirsi e che anzi i predatori sono fondamentali per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi. In realtà certi atteggiamenti degli animali che ci ispirano tenerezza, come vedere una scimmia che allunga le braccia e sembra chiedere un abbraccio, sono segnali che esprimono stress, paura. Poi conta anche il sostrato culturale fornitoci dal folklore, dalle tante favole che hanno protagonisti gli animali. Così il lupo è considerato il cattivo per antonomasia”.
Ma allora gli struzzi non nascondono proprio la testa sotto la sabbia?
“C’è un solo animale che chiude gli occhi pensando così di non essere visto: è l’uomo, quando ha all’incirca due anni e gioca a nascondino. Lo struzzo si adatta col suo comportamento al predatore che deve affrontare. Se si avvicina un ghepardo, animale velocissimo, allora si sdraia a terra in mezzo alla vegetazione alta. Se il predatore è un leopardo allora lo struzzo tenta la fuga perché sa di potersela giocare nella corsa. Se poi ha un nido da difendere allora attacca anche i predatori”.
Ma come è nata questa falsa credenza?
“Forse è nata dal fatto che lo struzzo è un uccello alto e abbassa molto la testa per nutrirsi, fino a farla scomparire nell’erba. E ancora: lo struzzo depone le uova in buche e spesso le gira con il becco durante la cova. In questi casi la testa scompare nella buca stessa”.
Come possiamo andare oltre le solite bufale bestiali?
“Prima di tutto passando dall’antropomorfizzazione alla zoomorfizzazione. Se vedo un pesce rosso in una boccia con pochi litri di acqua la prima cosa che devo chiedermi se è possibile che un animale abituato a nuotare nei mari possa trovarsi a proprio agio in un ambiente tanto angusto. Inoltre, è sempre buona cosa conoscere i comportamenti animali, informarsi leggendo articoli scientifici. Se ci sta a cuore il mondo animale è bene conoscerlo al meglio, fare uno sforzo per saperne di più. Poi c’è una regola generale che va sempre tenuta presente”.
Quale?
“Bisogna rispettare gli animali per quello che sono e comprenderne le esigenze perché la buona salute del mondo animale e della natura in generale ha delle ricadute positive su noi esseri umani. Rispettare gli altri esseri viventi è in fondo un atto di sano egoismo perché se stanno bene gli altri stiamo bene anche noi”.