Il titolo lo rappresenta nell’immaginario e nelle opinioni di molti. Chi lo apprezza, chi lo critica, chi è d’accordo con le sue boutade, e chi cambia canale appena lo vede in tv.

Vittorio Feltri torna in libreria con "L’irriverente" (Mondadori, 112 pagine, anche ebook) e racconta di sé, di quelle "memorie di un cronista" che chiamano in causa noti personaggi.

Da L’Eco di Bergamo a La Notte, da Il Giornale al Corriere, all’Indipendente, a Bergamo Oggi, a Libero, il nome del giornalista non è mai passato inosservato. Ovunque sia stato, ha lasciato la sua impronta. E non è un caso che oggi attiri simpatie e antipatie: dice la sua, non si tira mai indietro. È diretto e non si nasconde dietro un dito.

Lo ha sempre fatto, anche quando certe posizioni gli sono costate care. Per esempio nel duello con Alberto Cavallari al Corriere: i due sono stati protagonisti di un paio di votazioni. Nel primo caso, il quesito era su Cavallari alla redazione sì o no; nel secondo, Feltri dentro o fuori. E quest’ultimo l’ha spuntata solo per un voto. Due personalità "costrette" a sopportarsi fino a quando Feltri non ha deciso di andarsene. Ma una volta ha rischiato ancora più grosso: aveva stravolto la gerenza del giornale mettendo al posto del nome del direttore la dicitura "Johnnie Walker", il noto whisky, dopo averlo visto per strada "un po’ barcollante". Se non fosse stato per la solerzia del capo della tipografia, sarebbe scoppiato un vero scandalo.

E in pochi sanno della sua grande amicizia con Giorgio Gaber. Si erano conosciuti a una festa dell’Unità a Bergamo alta, e reincontratisi anni dopo a Milano. Nel corso di uno dei loro "summit" in osteria aveva visto la luce una delle canzoni più famose dell’artista: "Destra-Sinistra". Ognuno diceva la sua su un preciso tema: "Fare il bagno nella vasca è di destra, fare la doccia è di sinistra", "un pacchetto di Marlboro è di destra, di contrabbando è di sinistra", "il culatello è di destra, la mortadella è di sinistra", e via dicendo.

Dolci ricordi scivolano sulle pagine di questo volume, senza dimenticare il caso Tortora. Perché Feltri, per primo sulla stampa, aveva difeso l’innocenza del presentatore dopo essersi preso la briga di leggere gli atti e di confrontare date, luoghi e nomi. Chi lo aveva tirato in ballo aveva forse la memoria corta…

E più di una risata suscita il racconto dei suoi viaggi appresso a Marco Pannella, a bordo di aerei "sfigati" con la sequela di gesti apotropaici per allontanare la sfortuna, mentre il leader dei Radicali non era affatto preoccupato e, anzi, trascorreva il viaggio dormendo con la bocca spalancata.

Infine c’è il Feltri in versione "famigliare", con i suoi tanto amati gatti. Qualcuno recuperato per strada, altri regalati da parenti o amici, ma tutti con un posto nella vita e nel cuore del cronista, che ha imparato ad amare gli animali fin da quando, ancora bambino, andava al Sud a casa dei parenti dove lo zio Ernesto lo portava in campagna e gli insegnava a occuparsi dei cavalli.

Memorie che restituiscono dell’opinionista un ritratto non comune, ma che servono per capire come da quella penna sono nati titoli, articoli e anche la diffusione di alcuni neologismi che hanno segnato la storia più recente del giornalismo. Uno su tutti? Il color "grigio orfanotrofio".
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