Pisa vituperio delle genti

I Pisani nel Regno di Càlari – Mi direte: che c’entra Pisa con gli errori della Storia sarda? C’entra eccome! Se non c’entrasse noi cagliaritani non vivremmo ora a Cagliari perché la città l’hanno costruita proprio i Pisani. Prima non esisteva: sul posto c’erano solo le rovine abbandonate della Càralis romana.

La colpa, o il merito, di tutta questa storia, si deve attribuire a Benedetta de Lacon-Massa di origine genovese, debole regina del Regno di Càlari, uno dei quattro Stati in cui era divisa la Sardegna.

Il giuramento della regina Benedetta – Dobbiamo risalire al 1216, di quando nella Penisola San Francesco scriveva “Il Cantico delle creature”.

Benedetta, all’epoca, risiedeva a Santa Igìa, capitale del suo Stato. Era vedova con un figlio piccolo, e si era risposata malvolentieri col cugino toscano Lamberto Visconti che poi l’aveva costretta a favorire i suoi concittadini pisani, imprenditori ed interessati a ripristinare il porto di Lapola per i loro traffici, concedendo loro il colle di Catello, antico castrum romano, malgrado lei – Benedetta – avesse assunto il trono giurando solennemente, al momento dell’incoronazione (di cui abbiamo un fantastico documento scritto), che: «… preso lo scettro, segno della conferma, dalle mani del venerabile padre e signore mio l’arcivescovo di Càlari, con l’assenso dei suoi vescovi suffraganei presenti, e di tutti i nobili della terra calaritana, giurai davanti a costoro di non alienare il Regno, di non decurtarlo, di non cedere ad alcuno, a nessun titolo, alcun suo castello, di non stipulare alcun patto o alleanza con stranieri senza il consenso e la volontà di tutti loro. ».

L’abiura – E, invece, come ella stessa poi disse, sotto la pressione del marito, «… giurai a lui ed al Comune di Pisa perpetua fedeltà, pur senza il parere e la volontà dei buoniuomini della mia terra. E perché‚ l’investitura della mia terra non fosse fatua e dimenticata come in un precedente giuramento, insieme con mio marito donai per i Pisani al medesimo console operante sotto le insegne di Pisa, su sua pretesa, un certo colle con le sue pertinenze. Nel quale, poi, essi edificarono per sé‚ un munitissimo castello (oggi Cagliari-Castello) in danno ed occupazione non solo dello stesso Regno (di Càlari) ma di tutta la Sardegna...».

Fu, effettivamente, la sua rovina e quella del suo Stato e, a lungo termine, quella dell’intera isola.

Cagliari pisana – La città pisana di Castel di Castro (Cagliari), cresciuta d’importanza politica ed economica, con il porto di La Pola o Lapòla autonomo, aperto a navi militari toscane oltre che commerciali, sebbene sotto controllo giudicale, costituiva un prossimo pericolo per Santa Igìa e per il Regno che tendeva ad essere di preferenza filogenovese. Tant’è che il 20 aprile 1256 il nipote di Benedetta, Giovanni-Torchitorio V detto Chiano, cedette la rocca sulla collina – cioè Castel di Castro, odierna Cagliari – al Comune ligure, suscitando la comprensibile violenta reazione dei Pisani che vi risiedevano.

Fine del Regno di Càlari – Chiano fece appena in tempo a sposare una Malocello genovese nell’estate del 1256 che fu assassinato a Santa Igìa da sicari pisani agli inizi di ottobre. Prima di morire, indicò alla Corona de Logu, come suo possibile successore, il cugino Guglielmo, ancora più filoligure dei suoi predecessori, essendo tanto sottomesso ai Genovesi da scacciare tutti i Pisani da Castel di Castro (Cagliari). Per questo motivo fu attaccato nel 1257 da una coalizione militare – formata dagli altri tre regni sardi filopisani e dalla stessa Repubblica comunale di Pisa – la quale, convergendo dall’entroterra e dal mare, assalì prima Castel di Castro e, poi, Santa Igìa che si arrese il 20 luglio 1258 al quattordicesimo mese di guerra, e fu completamente abbattuta. Sulle sue rovine fu sparso il sale. Guglielmo riuscì a fuggire a Genova dove, in quello stesso 1258, morì senza discendenza. Terminò così, dopo circa 358 anni, lo Stato giudicale chiamato Regno di Càlari.

Francesco Cesare Casula

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