L’amore è la colpa di tutto – La fine del Regno medievale di Torres è da addebitare principalmente ad una giovane vedova in fregola d’amore; e anche questo rientra nella categoria degli errori della nostra storia sarda, seppur per un sentimento universale limitato, qui, al solo Logudoro.

La bella vedova Adelasia – Adelasia de Lacon-Massa, mezzo sarda e mezzo ligure, aveva soltanto tredici anni quando si sposò nella basilica di San Simplicio a Olbia con Ubaldo Visconti, il quale, nel 1232, divenne re di Gallura e lei regina consorte (come Camilla Parker Bowles in Gran Bretagna).

Per una serie di circostanze, che non sto qui a raccontare, Ubaldo divenne anche re di Torres, ma morì subito dopo nel 1238, e lei divenne regina regnante nel Logudoro; ma vedova.

Aveva solo trentun anni ed era ancora piacente, per quei tempi. Un poeta trobador francese, Albertet de Belenoi, che bazzicava nelle Corti sarde per mestiere, così la descriveva, nella sua lingua provenzale d’Hoc, in un soave sirventese: «Oddio! Come la vedo rubiconda e grassa, bella e fresca come una rosa in fiore…» («Deus! Qui la ve com’es vermeill’e grassa / bel’e fresca com roza en pascor...»). Evidentemente, a quei tempi di magra, quando la fame attanagliava i tre quarti della popolazione, la grassezza era sintomo di bellezza: “grassesa fadìa bellesa”.

Una visita inattesa – Orbene, Adelasia era lì che si macerava nell’astinenza, assisa in trono nel suo magnifico castello di Àrdara, al centro del Reame (di cui resta ancora in piedi un patetico pezzo di muro scampato alla furia devastatrice dei nostri moderni amministratori), allorquando le fu annunciato dal maiore de camera l’arrivo di un forestiero importante tutto pomposo ed agghindato. Veniva a nome dell’imperatore Federico II Hohenstaufen di Svevia dalla lontana Palermo. Si chiamava Giacomo da Lentino, ed era un notaio imperiali auctoritate ed anche un famoso poeta, appartenente alla Scuola poetica siciliana, che si esprimeva già in un rozzo volgare italiano.

La proposta matrimoniale – Vi lascio immaginare i salamelecchi, le riverenze, i saluti e infine l’esposizione ampollosa del messaggio principesco: il potentissimo Federico II, imperatore nientemeno che del Sacro Romano Impero, proponeva alla nobile regina Adelasia di Torres il matrimonio col figlio (legittimato) Enzo, insignito del titolo di Re di Sardegna (in base alla Dottrina del “Verus imperator” il papa a l’imperatore, rispettivamente capi dei Guelfi e dei Ghibellini – cioè: la Destra e la Sinistra di oggi – si spartivano il mondo, almeno a parole, che restavano semplici predicati se non si trasformavano in realtà territoriali. Però, per questo, occorrevano gli eserciti e le guerre di conquista).

Un sonetto a lei dedicato – Adelasia, lusingata e illanguidita, accettò subito, e Giacomo da Lentino se ne tornò tutto giulivo a Palermo. Aveva concluso felicemente la sua ambasciata. Però, siccome non aveva una macchina fotografica, per riferire al suo Signore com’era fatta Adelasia, scrisse questo bellissimo sonetto descrittivo: «Angelica figura – e comprobata / dobiata – di ricura – e di grandezze / di senno e d’adornezze – sete ornata / e nata – d’afinata – gentilezze. / Non mi parete femina incarnata / ma fatta – per gli frori di belezze / in cui tutta virtudi è divisata / e data – voi tutt’è avenantezze. / In voi è pregio, senno e conoscenza / e sofrenza – ch’è somma de li bene / como la speme – che fiorisc’e ingrana. / Com’è lo nome, aut’è la potenza / di dar sentenza – chi contra voi viene / sì com’avene – a la Cità Romana.».

Il giovane marito – Salto alla conclusione; sennò facciamo notte. Dopo appena nove mesi, in ottobre, arrivò Enzo con al seguito tutto un codazzo di cortigiani e cortigiane, con canti, schiamazzi, musicisti e fanfare. «Mio Dio! – esclamò stupefatta Adelasia nel vederlo – Ma è solo un ragazzino!». In effetti, Enzo aveva la metà dei suoi anni. «Però è bello», dovette soggiungere fra sé e sé, golosa.

Enzo in fuga – Dopo gli sfarzosi sponsali nella splendida cattedrale di Nostra Signora del Regno, dirimpetto al castello (fortunatamente non ancora abbattuta), che fecero diventare Enzo re di Torres (le regine sarde, all’atto del matrimonio, trasmettevano il titolo e i poteri al marito), immaginiamo cosa dev’essere stata la prima notte di nozze e quelle successive perché, dopo solo nove mesi di convivenza, il giovane scappò di casa, si acquartierò prima a Sassari, in un palazzotto ancora adesso indicato come la sua dimora, e poi s’imbarcò su una nave e tornò in continente dal padre. Combatté per lui contro i Guelfi emiliani, fu catturato alla Fossalta, e finì i suoi gironi prigioniero a vita dei Bolognesi. Si può vedere il suo mausoleo nella basilica cittadina di San Lorenzo.

Fine del Regno di Torres – Adelasia, al pari di una suora laica in penitenza, si ritirò nell’estremo suo castello di Burgos, nel Gocèano, dove morì nel 1259. Dopo una serie di vicari, con lei finì praticamente il Regno di Torres.

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