E logio della follia. Non quella magnificata da Erasmo da Rotterdam, che avrebbe addirittura natura divina; bensì quella di Matteo Renzi, di natura terrena e un po' pedestre. Ma lucida nel perseguire l'obiettivo della sua inquietudine: dimostrare d'essere vivo, indispensabile in un panorama politico di sabbie mobili. Un tormento che lo ha roso a lungo e che, alla fine, è esploso in calcolata follia. È l'unico politico di scuola in circolazione. Ha la capacità di fare disfacendo e di disfare facendo. Con il suo partitino del tre per cento ha smentito l'antica massima di Plinio il Giovane: “I voti si contano, non si pesano”. Ha voluto dimostrare che quando la democrazia è in quiescenza e il Parlamento è un mercato i voti hanno anche un peso. Come le azioni in Borsa. E alla maniera di Cuccia, banchiere cinico, ha caricato di esplosivo i pochi consensi di cui dispone. La pars destruens ha annichilito Conte; dalla pars construens, che doveva premiarlo, è stato estromesso da un redivivo Mattarella. Apparentemente rinsavito, ha detto che nulla s'aspettava per sé, il suo fine era salvare l'Italia. Nondum matura est, disse la volpe che non era riuscita a agguantare il grappolo d'uva. Nondum vuol dire non ancora. Domani, quindi, l'uva potrebbe diventare matura. E a Renzi l'uva piace tanto.

TACITUS
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