S embra la descrizione di una tappa del Giro d'Italia. Di Maio, capitano della squadra del Sì è in fuga, il drappello raccogliticcio del No lo insegue. La telecronaca la fanno i sondaggisti, che di ora in ora aggiornano il distacco. Entrambi i gruppi sono eterogenei, i colori delle maglie sono sbiaditi fino a confondersi: combinazioni trasversali, dicono gli inviati al seguito della carovana. Se prevarrà il Sì vincerà Di Maio, demagogo da stadio; se prevarrà il No perderà Salvini, stratega da tressette, che verrà accusato d'avere fatto il doppio gioco d'accordo con il suo vice Giorgetti. I sostenitori del No volano alto proclamandosi paladini della democrazia. Quelli del Sì volano basso e la buttano sui soldi: tagliare 345 parlamentari è un grande risparmio, sostengono. Gli esperti del calcolo infinitesimale lo hanno quantificato: corrisponde allo 0,007 per cento della spesa pubblica, pari a un caffè all'anno per ogni cittadino e a un sorso letale di cicuta per i residui della nostra democrazia. L'agit prop grillino attribuisce questo scarso valore ai suoi colleghi parlamentari. Certo, se fa riferimento alla qualità politica e culturale dei suoi compagni di partito, ha ragione. Sa - e noi questa volta siamo d'accordo con lui - che tutti insieme valgono meno di un caffè. Magari scorretto.

TACITUS
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