“ T erque quaterque testiculis tactis”. Era un inno impuro della goliardia degli anni sessanta del '900. Parole e gesti scaramantici prima degli esami con i professori, spesso alteri e paludati. La nobiltà del latino stemperava il misto di impudenza e innocente volgarità della frase, che la scapataggine degli studenti vestiva di spensierata leggiadria. Alcuni di loro credevano che avesse davvero efficacia apotropaica tanto da farne il momento mistico di un semiserio rito propiziatorio. A noi, che in quegli anni frequentammo atenei e partecipammo a irriverenti feste delle matricole, quell'aforisma medievale è venuto in mente quando Giuseppe Conte ha indetto gli Stati generali. Benedett'uomo, abbiamo pensato, poteva trovare un altro riferimento storico meno infausto per esaltare il suo superego. Gli ultimi Stati generali, nel 1789, furono il prodromo della Rivoluzione francese e del Regime del Terrore. A Luigi XVI, che li aveva convocati, toccò una cattiva sorte. Conte si sente monarca e lo ribadisce ogni giorno con parole, opere, bugie e omissioni. Però perché sfidare il destino? Nelle pieghe del passato avrebbe potuto trovare un precedente meno tragico cui ispirarsi evitando di esporre sé stesso e noi agli umori pericolosi del Fato. Terque quaterque...

TACITUS
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