D i solito vincono tutti. Questa volta, invece, tutti hanno un poco vinto e un poco perso. Il 20 settembre 2020, a differenza di quello di 150 anni fa, non ha modificato l'assetto dell'Italia. Allora i bersaglieri del generale Lamarmora sfondarono Porta Pia e tutto cambiò. Oggi gli scarrocciati del capitano Salvini non hanno abbattuto il muro del Pd in Toscana e nulla cambierà. La giornata multielettorale, che gli anglofili alla pizza-al-taglio chiamano “election day”, si è giocata su più tavoli. A briscola hanno vinto i giustizialisti di Beppe Grillo e Travaglio, che hanno ottenuto la condanna a morte del 36 per cento dei parlamentari; a scopone scientifico ha vinto il Pd di Zingaretti, che ci rimette una Regione, ma ne conserva tre: chi si accontenta gode poco ma non si affligge; a scala 40 ha vinto Zaia, che salva la Lega. Giorgia Meloni s'è fatta un solitario nelle Marche. Il voto in tempo di Covid è stato un tampone per il governo Conte: se positivo o negativo si vedrà. Per ora è asintomatico. C'è, ovviamente, anche chi ha subito una disfatta. Alla conta dei voti dei partiti, molti i disertori e i dispersi fra i Cinquestelle e Italia Viva. Se ci fosse una Caritas dei politici, Renzi e Di Maio, ex ricchi scialacquatori, andrebbero in fila a tendere la mano. Per un piatto di voti.

TACITUS
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