M a siamo sicuri che “Historia (est) magistra vitae”? Lo affermò quel bel tomo di Cicerone, che non è stato ancora epurato perché aveva la pessima abitudine di scrivere in latino, lingua ignota ai global-imbecilli dei nostri giorni. La frase completa, di cui l'arcinota citazione è un frammento, sostiene che la Storia, oltre a essere maestra di vita, è anche testimone dei tempi, luce di verità, essenza della memoria, messaggera del passato. Una definizione illuminante destinata a teste pensanti, non a cervelli bacati da fanatismo ideologico con radici sinistre. Hanno adottato codici morali e di comportamento applicabili a un essere che non esiste in natura e non è mai esistito. Puro di cuore, immacolato nell'animo, benefattore, altruista, pacifico. Salvo contraddirsi essi stessi con azioni violente e mistificatorie. Adottando i loro folli parametri di valutazione non si salverebbe più niente e nessuno. Cicerone compreso. Il quale, forse nella loro beata ignoranza non lo sanno, alla non più tenera età di 60 anni ripudiò sua moglie Terenzia, sposata per convenienza, e si unì a Publilia, giovanissima e ricca fanciulla orfana, della quale era il tutore. Quasi più cinico di Montanelli. Le statue di Cicerone abbondano: talebani d'Occidente datevi da fare, c'è tanto marmo per i vostri martelli idioti.

TACITUS
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