L etterina di Natale. Caro Giuseppe Conte, come sta? Mi perdoni la confidenza e mi comprenda. Lei per me è uno di casa, un familiare. Secondo il suo linguaggio lei è un mio congiunto. Ogni giorno attraverso lo schermo del mio televisore lei entra in casa mia. Non di soppiatto, ma con gli squilli di tromba della Rai di Rocco Casalino. Una volta c'era il film Luce (acronimo di L'Unione Cinematografica Educativa) ora c'è il film Lute (L'Unione Televisiva Educativa): residui di Ventennio per insegnarci a volerle bene. Non è culto della personalità, è il giusto riconoscimento delle sue virtù di Condottiero. Dux, secondo gli antichi Romani. Ogni sua apparizione è un annuncio di speranza. Poco importa se poi subentrano la delusione e lo scoramento. La colpa è del Covid. Tutto è colpa del Covid. Tra me e lei si è instaurato un rapporto domestico, che mi incoraggia a rivolgerle ogni tanto domande impertinenti. Per questo molti ultras delle curve nord e sud dello stadio politico giallorosso mi sollecitano indignati a ignorarla, come se lei non esistesse. Ingrati. C'è altro di cui parlare, mi dicono. È vero, ma lei ormai è parte della nostra vita. Lei è tutti noi. I suoi Dpcm sono le palle dell'albero triste di questo Natale. Sono i suoi auguri paterni e minacciosi. Che noi ricambiamo moltiplicati.

TACITUS
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