I l pio Conte, uomo di fede dichiarata, l'aveva combinata grossa. Nella cosiddetta fase due della crisi sanitaria non aveva inserito la riapertura delle chiese. La ripresa delle attività lavorative e di svago, aveva detto, avverrà per gradi tra il 4 maggio e il 1° giugno. Nel lungo elenco c'era tutto, Superenalotto compreso, ma non le chiese. L'esercizio pubblico del culto cattolico non vi era contemplato. Vietata una preghiera davanti a un altare, consentita invece una giocata alle slot-machine. Eppure quel premierino venuto dal nulla era sembrato devoto e timorato di Dio. Sono noti i suoi pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo per venerare il santo di Pietrelcina e si sa che il suo rapporto con papa Francesco è più amicale che istituzionale. Queste sue credenziali però non lo hanno salvato dal biasimo della Cei, del cui sostegno ha bisogno. Perciò ha fatto rapidamente marcia indietro e ha stilato un miniconcordato: dal 18 maggio chiese aperte, seppure con le note cautele. “Parigi val bene una messa”, ha commentato il più colto dei grillini. Di Maio, informatosi sulla storica frase a lui ignota, ha appreso che chi la pronunciò divenne re di Francia. Allora, indossato il vestitino attillato di ministro degli Esteri, è andato a sentire messa a Parigi. Hai visto mai che si restauri la monarchia in Italia?

TACITUS
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