N on si può votare durante un'emergenza epidemica. Non si può rimescolare il Parlamento quando una grave crisi morde l'economia e l'intero tessuto sociale. Né quando si devono amministrare cifre colossali per ridare forza e vigore al Paese. E poi: l'Europa ci guarda, ci controlla, non capirebbe. Sono queste, in sintesi, le motivazioni di chi non vuole elezioni anticipate. Meglio sarebbe, secondo loro, andare avanti con chi da due anni e mezzo di riffa o di raffa ha governato. Sono incollati al seggiolone, consapevoli che un'occasione così non gli capiterà mai più nella vita. Sono personaggi di risulta della democrazia picconata. Lo ha capito il Capo dello Stato, che li ha messi in castigo. Ma non li ha mandati a casa ritenendo, anch'egli, che il momento storico non possa sopportare questo trauma. Però una domanda ugualmente s'impone: se la legislatura giungesse oggi alla sua naturale scadenza rinvieremmo le elezioni? Aspetteremmo il placet dell'Europa? Certamente no, andremmo a votare nonostante il Covid e la crisi economica. Le elezioni non sono mai una iattura, nelle urne c'è la voce del popolo. E, spesso, anche la soluzione. A meno che lo Stellone che ci protegge nei momenti critici non abbia un asso da giocare. Mattarella lo teneva nella manica e l'ha calato. Drago gratias.

TACITUS
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