Q ualche giorno fa, confinato a casa un po' per lo smart working e un po' per il coprifuoco, non mi è rimasto altro che fare zapping . Mi sono così imbattuto in Rai5, rete semi clandestina che ha il pregio di trasmettere spettacoli teatrali e documentari musicali altrimenti invisibili. Sono stato rapito dalla rappresentazione delle “Supplici”, curata da Moni Ovadia. In questa tragedia, Eschilo racconta la disavventura delle 50 figlie di Danao, re d'Egitto, che per sfuggire al matrimonio combinato con altrettanti figli di Egitto (fratello di Danao) si rifugiano ad Argo, in Grecia. Lo spettacolo era affascinante per la ricchezza dei costumi, le scenografie e l'azzardo ben riuscito di Ovadia di trasformare il testo in un musical contemporaneo recitato in dialetto siciliano e greco moderno. Coinvolgente la musica prodotta da strumenti dell'area mediterranea e greca, dal bouzouki alla fisarmonica e altri ancora. Allo spettacolo (registrato in era pre Covid) assisteva un pubblico folto e attento, tra cui diverse persone disabili in sedia a rotelle, sistemato a ridosso degli interpreti, quasi a contatto. La rappresentazione è andata in scena al Teatro greco di Siracusa, V secolo a.C. In compenso, l'Anfiteatro romano di Cagliari (I secolo d.C.) è decadente, triste, chiuso, abbandonato. Una supplica a chi di dovere: fate una gita a Siracusa e fatevi spiegare come si fa.

IVAN PAONE
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