S ono il 20,2 per cento, sono giovani e forti e, in quanto a volersi impegnare in qualcosa, sono morti. Nella scelta tra lavoro o studio, sono neutrali come la Svizzera: né l’uno né l’altro, si vive “a pensione” da mamma e papà.

La tentazione di prendersela con i «giovani pigri» c’è, ma sarebbe un errore. Già, perché nella fascia d’età 15-34 anni, a svegliarsi la mattina con l’unico obiettivo di tornare a letto la notte è un sardo su cinque. Sono i Neet, acronimo inglese che significa “non impegnati nello studio, nel lavoro né nella formazione”.

La statistica è falsa, perché in realtà è peggio di così: è sfiduciato e apatico un giovane ogni cinque fra quelli rimasti in Sardegna, cioè che non se ne sono andati. È un dramma: significa che non gli si offre nulla.

Le prime avvisaglie le abbiamo viste in hotel e ristoranti turistici che d’estate non trovavano personale: paga come da contratto nazionale, non più con elemosine come si è fatto per tanto tempo, ma neanche così hanno riempito i ranghi.

Ora un nostro giovane su cinque si deprime a casa: non certo per colpa sua bensì della politica, soprattutto regionale, da decenni incapace di offrire un futuro, anzi un presente, ai suoi pur pochi abitanti. I veri Neet sono in una grande Aula in via Roma: non lavorano né studiano. Ma loro no: non gratis.

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