C redo, ma è una trascurabile opinione che può essere legittimamente criticata, che alcune professioni dovrebbero riempire tutta una vita. Tra queste quella del giudice. Piero Calamandrei, giurista e tra i padri della Costituente, sosteneva che il giudice oltre a garantire la terzietà e l'imparzialità era tenuto a «lavorar tacendo». Addirittura «dovrebbe consumare i suoi pasti in assoluta solitudine». Se per Calamandrei sarebbe da evitare anche il caffè con la propria moglie, ormai cene e salotti sono da abbordare. Pochi giorni fa un magistrato si è aggiunto al coro dei critici per la visita di Matteo Renzi al principe saudita Muhammad Bin Salman. «Se l'Italia vuole conservare un accettabile grado di credibilità nel contesto internazionale, deve stringere un cordone sanitario intorno a sortite come quella araba di Renzi», ha scritto. Inevitabile lo scontro: l'araba del politico vs l'arrabbiata del giudice. Di male in peggio. È fuori discussione che l'uomo dei codici debba avere il diritto alle proprie convinzioni da manifestare, e qui sta il punto, nei luoghi giusti dove nascono le idee giuste. Utilizzare le piazze, i social, le tivù e i manifesti è arte degli arruffapopoli, dei politici interessati e degli intellettuali a comando. Chi giura si avvalga della facoltà di non confondersi.

ANTONIO MASALA
© Riproduzione riservata