È tutto un gran fermento in America e dintorni (per capirci: i dintorni siamo noi) in attesa che esca il libro di John Bolton, quell'ibrido - falco in politica, tricheco come look - che per due anni fu un pezzo grosso alla Casa Bianca, poi ha sbattuto la porta e ora se n'esce con un memoir che promette imbarazzi a Trump. Il lettore lo troverà disposto a tutto per farsi rieleggere, persino a chiedere sottobanco una mano alla Cina, e così asino da chiedere se la Finlandia fa parte della Russia.

Accidenti. E quindi?

Che cosa conta quel che sa sulla Finlandia un tipo che diceva di volersi comprare la Groenlandia? Un retroscena, per definizione, funziona per contrasto con la scena: D'Alema che balla sui tavoli e dice barzellettacce sarebbe uno scoop ma se lo scrivi di Renzi sei già un biografo più prevedibile (se lo scrivi di Berlusconi allora sei un carabiniere e stai verbalizzando).

Ma se scena e retroscena sono uguali, perché continuiamo a comprare libri sull'acqua calda? Siamo scemi? No. Cioè, un po' sì ma soprattutto siamo ipocriti. Fingiamo di credere agli attributi regali del potere (dignitas, gravitas ecceteras) e in cambio vogliamo sghignazzare al buco della serratura per quanto è goffo e zozzo il potente. Per forza poi alle elezioni la spunta Trump. E dintorni.

CELESTINO TABASSO
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