L a storiaccia di Colleferro mediaticamente funziona molto e quindi tuttora i giornali, di carta o elettronici, ne seguono quasi quotidianamente gli sviluppi (sì, tecnicamente la storia è finita appena Willy è morto, ma ci siamo capiti: l'inchiesta, Conte ai funerali, il reddito di cittadinanza, i dettagli atroci emersi dall'autopsia eccetera).

Dal punto di vista iconografico sono le foto dei Bianchi il nerbo di questa produzione così robusta, e alla quarta o alla quinta immagine di uno dei due fratelli a bordo piscina o in un resort di lusso, spunta una riflessione. Non sulla location della fotografia ma sulla mimica facciale del protagonista.

L'espressione è sempre la stessa: labbra socchiuse da un lieve stupore e fronte aggrottata, annuvolata di fastidio. Suona familiare? Probabilmente sì: è la faccia di un vip sorpreso dai paparazzi.

Ora, è evidente che sono foto posatissime, come tutte quelle dei social. Ed è altrettanto evidente che per quanto i Bianchi non fossero gente da reddito di cittadinanza, quelle foto di sfarzo e relax non documentano la loro quotidianità.

Perciò qui il racconto quotidiano di sé è una finzione (il broncetto davanti al fotografo) in una finzione (vita smeralda sempre e comunque). Un'esistenza così a modo suo non è già un ergastolo?

CELESTINO TABASSO
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