"Ho sempre avuto un carattere forte, fin da piccola, Sono stata addirittura cacciata da undici scuole e sul set ho sempre comandato io".

Sono le parole con cui Lina Wertmuller descrive sestessa alla vigilia dei suoi 92 anni, che festeggerà domani, il 14 agosto, mentre è impegnata in una nuova battaglia proprio in Sardegna: una crociata al fianco di Legambiente contro la concessione per un allevamento di ostriche e mitili davanti alla spiaggia di Baracconi, a Golfo Aranci.

Un luogo a lei carissimo, scoperto ai tempi del suo grande successo "Travolti da un insolito destino…", e dove si sta ritemprando anche in queste settimane.

Lina, nata a Roma nel 1928, non è nuova a prese di posizione su temi politici e sociali e non ha mai nascosto le sue idee, che fosse l'adesione al Partito Socialista o la rivendicazione dei diritti della donna nel mondo del cinema.

Alla consegna dell'Oscar onorario pochi mesi fa fece sbellicare la platea suggerendo che il Signor Oscar da ora in avanti potrebbe essere ribattezzato al femminile.

Più in generale, invece, ha preso le distanze dalle posizioni oltranziste del femminismo ribadendo: "Non si può fare questo lavoro perché si è uomo o perché si è donna. Lo si fa perché si ha talento. Questa è l'unica cosa che conta per me e dovrebbe essere l'unico parametro con cui valutare a chi assegnare la regia di un film. Come tutte ho avuto i miei problemi a farmi accettare ma me ne sono infischiata. Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva".

La Wertmuller è stata la prima donna a spuntare una nomination come migliore regista ai tempi di "Pasqualino settebellezze" (1976) che ne totalizzò ben quattro; è stata la prima donna ad avere successo in tv ai tempi degli "sceneggiati" con la trionfale accoglienza del "Giornalino di Giamburrasca" (1964-65) e divide con Iaia Fiastri il privilegio di avere avuto spazio nella premiata ditta Garinei&Giovannini.

I primi passi nel mondo dello spettacolo a 17 anni, con l'iscrizione all'accademia teatrale di Pietro Sharoff e il debutto come regista di burattini con la guida di Maria Signorelli.

Quando debutta nel lungometraggio con "I basilischi" nel 1963 già vince la Vela d'oro del Festival di Locarno. L'anno dopo il sodalizio con Rita Pavone per "Il giornalino di Giamburrasca" ne fa d'un colpo una regista ricercata dai produttori.

Nello stesso periodo incontra l'apprezzato scenografo teatrale Enrico Job con cui si sposerà, dividerà tutta la carriera artistica e adotterà la figlia Maria Zulima.

Il suo nome di origine tedesca (all'anagrafe Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich) mette soggezione ai produttori, anche se lei spiega che il padre è un normalissimo avvocato di Potenza con ascendenze nobiliari svizzere; la sua mania per i titoli di lunghezza fluviale diventa in fretta un marchio di fabbrica, così come i vistosi occhiali bianchi, la battuta sferzante, la simpatia contagiosa.

"Film d'amore e d'anarchia", "Tutto a posto e niente in ordine", "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto", "Pasqualino settebellezze" segnano in modo assolutamente personale il cinema italiano degli anni '70 e ogni volta mettono d'accordo critica e pubblico.

Seguiranno poi tanti altri lavori, il sodalizio cpn Sophia Loren per portare in tv un riuscito adattamento di "Sabato, domenica e lunedì" da Eduardo e quello con Paolo Villaggio per "Io speriamo che me la cavo" dal romanzo-verità di Marcello D'Orta.

Si diverte anche in veste di doppiatrice per "Mulan" o come esponente dei "poteri forti" in "Benvenuto Presidente" di Riccardo Milani. A lei dedicherà anche un bellissimo omaggio il suo collaboratore storico Valerio Ruiz: "Dietro gli occhiali bianchi", presentato nel 2015 alla Mostra di Venezia.

(Unioneonline/v.l.)
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