«La Sardegna farà la sua parte nella ricerca della cura contro il Covid-19. Nei laboratori di Alghero tra poco si impegneranno i ricercatori della ViroStatics, gli stessi che per primi hanno dimostrato l'utilità dei cocktail di farmaci per curare l'Hiv. Era il 1994 quando la loro ricerca fu pubblicata su Science». Gavino Sini, cinquantotto anni, presiede la Camera di commercio di Sassari e la Porto Conte ricerche, una società a capitale pubblico con la sede mimetizzata tra la macchia mediterranea e l'omonima rada. È stato nominato dalla Regione qualche settimana prima dell'esplosione della pandemia e il primo atto ufficiale è stato aprire le porte del centro algherese a un pool specializzato nel ramo: «Tutto il mondo è alle prese con l'emergenza coronavirus. Ho pensato che fosse doveroso lavorare in questo senso. La ViroStatics mi ha fatto sapere che era interessata ai nostri spazi: abbiamo trovato subito un'intesa. Il loro motto è "riempiamo i laboratori per svuotare gli ospedali". La diffusione planetaria del virus ha mostrato molti punti deboli a tutte le latitudini, abbiamo capito di essere giganti con i piedi d'argilla. L'unico modo per vincere la paura è investire nella ricerca».

Quando? «Subito, in un laboratorio con la garanzia Bsl3».

Cosa significa? «È una certificazione di massima biosicurezza che consente di lavorare sui virus che hanno un alto grado di pericolosità. Cercheremo di combinare diversi farmaci per trovare una cura che possa salvare tante vite».

Perché il laboratorio era inutilizzato? «Erano indispensabili lavori importanti. Sardegna Ricerche li ha finanziati, ora stiamo valutando gli ultimi dettagli di un progetto che consentirà di avviare lo studio vero e proprio. E non solo quello».

Cos'altro? «Potranno essere fatte le analisi dei tamponi e dei sieri per il tracciamento dei positivi. Non escludo che in un futuro prossimo spazi e tecnologie siano messi a disposizione del Servizio sanitario nazionale».

I tempi? «Se tutto va bene entro fine maggio i laboratori saranno operativi. Erano fermi da quattro anni, stiamo lavorando per fare il più in fretta possibile. Certo, gli ostacoli non sono mancati. In una situazione di lockdown tutto è più complicato».

Un esempio? «La ditta che porta avanti l'intervento è di Roma, da lì sono arrivati i tecnici: abbiamo affrontato e risolto il loro problema logistico che di questi tempi si è rivelato impegnativo».

Cercheranno anche un vaccino? «La direzione sarà un'altra».

Quale? «Il percorso verso un vaccino è molto lungo e nel mondo ci sono tanti team che battono solo questa strada. A Porto Conte si cercherà la cura dosando un cocktail di farmaci già testati, con tempi che saranno ovviamente ridotti».

Porto Conte ricerche ha un futuro? «Assolutamente sì. Anzi, direi che ha in mano il futuro. È un centro di altissima specializzazione dentro un parco marino e terrestre con il quale stiamo portando avanti diverse iniziative. Quella sulla filiera del grano, per esempio, e altre ricerche nel settore alimentare. Sta a noi cogliere le enormi opportunità che abbiamo davanti». Purtroppo il capitale pubblico spesso non va d'accordo con la ricerca avanzata.

«Oggi ci rendiamo conto che alcuni pregiudizi vanno riconsiderati. Prendiamo la sanità: abbiamo capito che se non ci fosse stata quella pubblica avremmo avuto un numero di vittime molto superiore».

Il Covid ha lavato tutti i peccati del pubblico, lottizzazione in testa? «Ha fatto tabula rasa su tutto e tutti, pubblico e privato. Dovremo riscrivere tanti patti sociali, forse riscopriremo alcuni valori che sembravano dimenticati. È un'occasione che non dobbiamo sprecare».
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