Tra virus e pulci c'è una notevole differenza. Non ce ne vogliano scienziati e medici se per questa volta li accostiamo.

Abbiamo rispolverato il libro "Le mie pulci" di Giovanni Berlinguer. Nato a Sassari il 9 luglio 1924, morto a Roma il 6 aprile 2015, seguì in modo più discreto la strada del fratello Enrico, storico segretario del Partito comunista italiano. Puntò più sull'insegnamento della "Medicina sociale" e dal suo "prurito culturale" nacque lo spunto per dedicarsi allo studio di questo scomodo compagno di viaggio dell'uomo, proprietario del suo destino: la peste trasmessa dalle pulci causò, come ora sta causando il coronavirus, un cambiamento radicale nella sorte dei popoli.

La passione sociale di Giovanni Berlinguer spesso si intersecava con la passione politica, non sempre senza problemi. Ecco allora "La mie pulci" un saggio carico di rigore scientifico, affrontato con l'arte pungente e ironica di un grande affabulatore. Ne parliamo con Luciano Uras (con un passato da consigliere regionale e da senatore) che, allora giovane attivista del Pci, lo seguì durante la campagna elettorale nel sud Sardegna.

-Chi era Giovanni Berlinguer?

-Ho avuto il piacere, vero, di conoscere Giovanni Berlinguer quando, 35 anni fa, accompagnai lui e Luigi Cogodi, come autista militante del Pci, a un giro di iniziative politiche nel Sulcis. Giovanni era senatore uscente nel collegio di Iglesias, dove era stato eletto nel corso delle politiche del 1983. Allora, non potevo certo immaginare che anch'io avrei rappresentato la Sardegna a Palazzo Madama. Ricordo nitidamente che mi raccomandò una guida prudente ma, soprattutto, ricordo una persona di grande umanità, attenzione garbata e coinvolgente verso l'altro. Qualità che avevo attribuito al suo essere compagno comunista e medico. Erano anni difficili per il partito, e certamente lui aveva sofferto la scomparsa del fratello Enrico, l'indimenticabile segretario, guida politica e morale grazie al quale la mia generazione passò dalle parrocchie alle sezioni territoriali del Pci.

-Un viaggio carico di sorprese?

-Nel corso degli spostamenti tra una riunione e l'altra, Giovanni ci annunciò, disse "riservatamente", il suo saggio dal titolo "Le mie pulci", sul quale stava ancora lavorando, e che lo impegnava in una interessante corrispondenza con altri ricercatori per acquisire dati e raccogliere suggerimenti. Ho cercato, e trovato tra i miei libri, quel saggio. Oggi, per quanto la tragica pandemia da Covid-19 non consenta di gustare pienamente il piacere di una buona lettura, ho divorato ogni riga con morbosa curiosità. È scritto, e si vede, da uno scienziato, medico igienista, con rara abilità narrativa. Conserva nel racconto alcuni cenni autobiografici che si miscelano a dati e considerazioni scientifici, con fatti di assoluta rilevanza storica, con riferimenti culturali e artistici veramente sorprendenti. Le pulci, e con esse una miriade di altri insetti parassiti, ospitati da animali e uomini, ci insegna Berlinguer, hanno in loro una carica potenzialmente ed effettivamente letale capace di condizionare la storia di intere comunità nazionali e sovranazionali, il destino di economie tra le più avanzate, l'esito di conflitti bellici.

-Le pulci, come i virus, sono in grado di cambiare la storia?

-Le pulci, ci dicono quelle pagine, hanno trasmesso, in tempi storici diversi, la peste, trasferendo i batteri dai ratti all'uomo, e poi da uomo a uomo. Giovanni racconta di aver avviato la ricerca per dare più purezza scientifica alle sue pubblicazioni accademiche, condizionate da impegno sociale e politico ma, anche nel dare corpo a questo lavoro non può non soffermarsi sugli effetti delle epidemie causate dalle "sue pulci", sulle fughe dai centri di contagio delle famiglie aristocratiche, dei potenti e degli alti prelati, e del destino di morte delle classi lavoratrici, delle fasce più povere e deboli delle popolazioni, condannate a rimanere nelle città colpite.

-Pulci e virus tra scaramanzia e "complottismo".

-Sapere che la decimazione dei gatti, originata dalla superstizione, sostenuta dalla chiesa medievale, che connetteva i felini alla stregoneria, portò all'aumento enorme e incontrastato dei topi nei centri urbani, e conseguentemente alla peste; e scoprire che i tartari per avere ragione della resistenza di Caffa, "colonia genovese in Crimea," catapultarono all'interno delle mura i cadaveri dei propri soldati colpiti dalla malattia, determinando la fuga dei genovesi che si portarono via pulci, ratti e contagio dando il via alla grave epidemia del Trecento, consente di capire quanto la salute dell'umanità sia appesa sempre agli stessi fili.

-Una lezione sull'uomo e sul rispetto della natura?

-Il saggio di Berlinguer nell'attraversare parte rilevante della storia umana, tratta della relazione uomo/ambiente, dei rischi che causano le violazioni del corretto rapporto tra uomo e mondo animale, di guerre e di povertà. Tratta delle cause dei cataclismi sanitari e delle misure per affrontarli, quelle che valevano ieri, e che purtroppo valgono ancora oggi, l'isolamento degli infetti, l'interruzione dei percorsi di trasmissione delle epidemie, la costruzione degli spazi riservati di cura (i lazzaretti). È un libro che insegna, con il garbo e l'attenzione che si percepiva in Giovanni, anche la prima volta che lo incontravi. Un medico, un compagno, una brava persona, cultura e profondità di pensiero. Quanta nostalgia, in questo tempo, di persone come lui.
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