A Londra vivo nella casa di Lawrence d'Arabia. Proprio di colui che ne indossò i panni al cinema, Peter O'Toole.

Una bella costruzione inglese con le mura bianche nel cuore di una larga strada silenziosa. Mi sento un dissidente alla norma di Doddore. Ovunque mi sposti per quieto vivere, intesso le mie trame con quelle dei condottieri sconfitti. Soprattutto quando ammiro l'impresa del capitano inglese simile per esito al destino di Malu Entu. Edificare il grande Stato sardo sulle ceneri del regno italiano ancora in odore di Regnum Sardiniae.

Peter O'Toole, leggendario attore interprete dell'eroe eponimo nella rivolta mediorientale, il compianto Thomas Edward Lawrence, consumò fra queste mura i prodigi di una carriera imponente. Non restano cimeli oltre le stampe orientali e alcuni busti intarsiati nell'ingresso in comune fra gli inquilini. I ricordi sono legati alle parole degli affezionati vicini che descrivono O'Toole un uomo discreto dal carisma silenzioso.

Ho studiato il copione di una vicenda controversa, la rivolta araba contro i Turchi, che finì per impattare a causa dell'insidiosa strategia coloniale intessuta sottobanco. Troppo ghiotta per Francia e Inghilterra l'occasione di profittarsi dell'impero turco in disfacimento. In quel crollo annunciato, a braccio fra il 1916 il 1917, un ufficiale britannico camuffato da archeologo in missione esplorativa, Lawrence, appunto, attinse alle brume del califfato pur di sfondare i cardini della Porta Sublime.

Nacque il mito di "El Aurens" Lawrence D'Arabia, il trascinatore, poi trasposto nello sguardo magnetico di O'Toole. Fu la rivolta del sentimento identitario a lungo covato, il cui esito non mantenne le promesse minuziosamente elaborate nello scacchiere del deserto. A due anni dall'impresa militare, infatti, l'acerbo governo arabo nato per procura da un accordo franco inglese siglato in segretezza, cadde mestamente lasciando il suo eroe con il sogno spezzato.

I miei pomeriggi a lezione d'inglese trascorrono dibattendo sui falsi prodigi del colonialismo. E non posso rassegnarmi al pensiero di un governo italiano rattoppato, designato a Bruxelles per gli stessi sotterfugi che tradirono Thomas Edward Lawrence. Questi giorni dall'Italia arrivano gli estremi dell'ennesimo gioco di profitto perfino banale nella pochezza dei suoi interpreti. Conte non è Johnson, evidentemente. A un leader di governo inglese non verrebbe in mente la follia di rassicurare d'obbedienza i vicini di confine tradendo la pancia dell'elettorato. La Francia e la Germania ci mettono in rassegna nella forma meno degna per un popolo sovrano. E sorrido per le critiche al premier inglese reo di aver silurato il Parlamento, con l'avallo della Regina, in un momento di grande conflitto per la Brexit. Gli inglesi sono maestri di disciplina politica. Da qui in avanti si opera in ossequio al referendum. E non c'è modo, non almeno fino a quando i fuochi fatui del "voto ignorante" saranno definitivamente spenti, di sedersi a un tavolo dove i partners europei si dichiareranno senza esserlo i padroni incontrastati.

Infine un sassolino. La sicurezza. Londra è una città che offre garanzia del quieto vivere. In tutta l'estensione. Un luogo dove le controversie sociali si affrontano con prontezza. La promiscuità culturale è una costante sociale garantita da leggi rigorose e immediate. È una società inclusiva fondata sull'accoglienza. Che si impegna a determinare i criteri per la salvaguardia dell'integrità civile. Fiumane di giovani stranieri in fuga dall'Europa bancaria approdano quassù in cerca di una normalità perduta. Indipendenza, ambizione, dignità. L'essere umano è posto al centro con i suoi tratti culturali. Nulla è più punito della discriminazione. La frammentazione è un fatto naturale vissuto come diritto all'opinione.

Nemmeno Doddore fu Lawrence d'Arabia. Egli compì la sua impresa lontano dalla cinepresa. Su un piccola isola di conigli. Entrambi traditi, consegnati alla leggenda. Lasciate ogni timore a farvi una patria dove batte il cuore.

ANDREA MEREU

OPERATORE CULTURALE A LONDRA
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