"Non farò campagna elettorale per le europee, sono il presidente del Consiglio". Così Giuseppe Conte nella consueta conferenza stampa di fine anno risponde alle domande dei giornalisti che affollano Palazzo Chigi.

Il premier dichiara anche che tra cinque anni "libererà la poltrona", chiudendo "una parentesi meravigliosa che mi rende orgoglioso, perché posso realizzare un servizio per il Paese".

Il presidente del Consiglio coglie l'occasione per tracciare il bilancio dei primi sei mesi dell'esecutivo giallo-verde: "Un'esperienza di governo assolutamente innovativa, un cambio di passo nella politica italiana".

MANOVRA - "La manovra che sta per essere varata - aggiunge - è in continuità con gli impegni di governo. E rivendico orgogliosamente la natura populista della maggioranza, se questo significa ridurre la frattura tra classe politica e cittadini: questo non è il governo delle lobby e dei comitati d'affari".

Parla di perfetta sintonia creatasi tra lui e i due vicepremier, Giuseppe Conte: "Vi assicuro che non c'è mai stato un vertice in cui abbiamo avuto una seria litigata, un contrasto vivace. Ragioniamo e troviamo la soluzione migliore".

La trattativa con la Ue? "La manovra non è stata scritta da Bruxelles, non ho mai consentito che mettessero in discussione i punti qualificanti". Il premier ha anche assicurato che il governo si impegnerà al massimo per disinnescare le clausole di salvaguardia che prevedono nei prossimi anni un aumento dell'Iva fino al 26,5%.

TAGLI AGLI SPRECHI - Conte poi ammette: "Abbiamo avuto poco tempo per intervenire sul taglio agli sprechi, occorre impiantare una task force che lavori con molta attenzione e discernimento per recuperare molte risorse finanziarie". Ma era Di Maio in campagna elettorale a dire che aveva già individuato 30 miliardi di sprechi da tagliare "nel nostro primo decreto" per fare il reddito di cittadinanza. Evidentemente il leader pentastellato non aveva individuato ancora niente, se a sei mesi dalla nascita del governo c'è bisogno di una task force.

TAGLI ALL'EDITORIA - Il premier è stato inoltre incalzato sui tagli all'editoria, che colpiranno Il Manifesto, L'avvenire e Radio Radicale. Il presidente dell'Odg Carlo Verna ha interrotto per alcuni secondi il suo discorso e poi si è rivolto a Conte: "Ha visto che effetto fa all'improvviso una voce che non c'è più. Sono stato in silenzio solo sette secondi", ha detto, aggiungendo riferimenti alle tre testate sopra citate.

"Il taglio dei fondi - ha spiegato il premier - non è un attentato alla libea informazione, perché le imprese editoriali e informative devono saper stare sul mercato. Io non rivendico con orgoglio se domani dovessero chiudere delle testate, non intendo infliggere il bacio della morte a nessuno. Ci sarà un tavolo per l'editoria dove si valuteranno misure a sostegno dell'informazione e del pluralismo".

RIMPASTO? - Conte è intervenuto anche sulla possibilità di un rimpasto di governo: "Non lo escludo, ma deve essere condiviso dalle due forze politiche e non deve destabilizzare l'esperienza dell'esecutivo".

GLI ALTRI ARGOMENTI - Il premier ha anche parlato di Tav ("Decideremo prima delle Europee"), di legittima difesa ("Riformeremo la disciplina senza stravolgerla, con un giusto bilanciamento tra la tutela della vita e quella di chi deve difendersi da aggressioni violente e ingiustificate nel proprio spazio, fatecela completare prima di giudicarla") e del Ponte Morandi ("Avremo l'architettura pronta entro fine 2019"). Sugli scontri ultras di Milano, ha criticato la decisione della Lega di non fermare il campionato: "A volte ci vorrebbe un segnale di cesura forte, anche uno stop".

(Unioneonline/L)
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