Sembrerebbe esser bastato il pretesto del voto favorevole espresso dal Movimento Cinque Stelle nei confronti di Ursula von der Leyen per far scatenare l’ira del ministro dell’Interno Matteo Salvini e per rendere concreta, o quasi, l’ipotesi di una crisi di governo e di un prossimo ritorno alle urne. Scacco matto a Salvini isolato sul piano nazionale ed europeo? Sì e no: sul piano sovranazionale il suo potere "contrattuale" è praticamente uguale a zero, tuttavia, sul piano interno, lo scontro diretto e frontale con gli stessi alleati di governo e con l’opposizione ha sempre costituito una condizione congeniale per l’espressione del suo potenziale politico.

Come l’ultimatum delle ultime ore sferzato su Conte e Di Maio dimostra, la vera fonte di preoccupazione per il leader padano, al di là pure del caso Russiagate, è piuttosto un’altra, ed è pericolosamente stringente e pungente siccome idonea a determinare un profondo cambiamento non solo sul piano interno al partito che ancora ha la possibilità di rappresentare, ma anche sugli attuali assetti politici e, di conseguenza, sui futuri possibili consensi del partito del Carroccio.

Innanzitutto, perché il fattore x, scatenato da chissà chi, e materializzatosi all’improvviso con un tempismo devastante come caso Russiagate, non sembra aver ancora avuto alcuna seria ripercussione sul piano personale del consenso. In secondo luogo, perché se è vero che i rapporti con l’attuale esecutivo appaiono fortemente sbilanciati sia in ragione del recente alto tradimento, sul piano europeo, dei compagni di governo sia in ragione dello stesso Russiagate, in realtà a preoccupare il ministro dell’Interno parrebbe piuttosto essere il malumore creatosi all’interno del Carroccio sul tema dell’autonomia differenziata, la quale, considerata la recente posizione critica di Conte in argomento, rischia di non essere realizzata e/o di non esserlo alle condizioni imposte dalla base.

Infine, e di conseguenza, perché le note inviate al premier da Luca Zaia e da Attilio Fontana sono, in realtà, una vera e propria bomba ad orologeria pronta a scoppiare e Salvini rischia di trovare la sua proverbiale buccia di banana proprio sul discorso autonomia differenziata col pericolo non solo di perdere la leadership del partito, ma anche di essere abbandonato dal suo elettorato maggiormente rappresentativo e, quindi, di essere politicamente annullato dai suoi stessi compagni di partito i quali, saturi dell’esperienza fallimentare di governo, pretendono di farla finita coi gialli e di tornare alle urne.

Ciò nonostante, nel suo ruolo di Capitano "Nazionale" e non più solamente "Padano", si trova perfettamente a suo agio, e per quanto consapevole del rischio che corre, ancora indugia a staccare la spina e gioca la sua ultima carta minacciando in via ultimativa premier e vice premier. Eppure non si è mai distinto per essere il Quinto Fabio Massimo dei giorni nostri, ossia un temporeggiatore.

Matteo Salvini pur non essendo certamente uno sprovveduto è stato sempre e comunque l’uomo delle decisioni di pancia. Come mai allora non rompe gli indugi e si decide una volta per tutte a farla finita con questo governo che lo tiene imbrigliato su ogni questione per lui rilevante? La posta in gioco è alta e lasciare il Viminale col rischio di non riuscire a riprenderselo nell’ipotesi di voto anticipato costituisce un fortissimo deterrente. Ma non è solo questo. Per chi non se ne fosse ancora accorto Salvini, nel corso di questa esperienza di governo, ha pian piano cambiato pelle e sembra non ritrovarsi più negli ideali tipici del Carroccio. La sua Lega vuole avere una evidente vocazione nazionale che contrasta in tutto e per tutto con gli obiettivi da perseguire e che la sua attuale base partitica invece, fortemente e territorialmente radicata, gli impone e gli reclama. Qualunque decisione decida di portare avanti sarà comunque foriera di pesanti cambiamenti che potrebbero metterlo spalle al muro.

Se decidesse di seguire la linea del Carroccio e, quindi, di aprire formalmente la crisi di governo per via dell’autonomia mancata, conserverebbe la leadership del partito ma perderebbe il consenso conquistato al sud, e la Lega tornerebbe a configurarsi come il partito della sola Padania con ogni conseguenza sul piano del peso politico nazionale della stessa che tornerebbe a percentuali bassissime.

Se decidesse, invece, di proseguire questa esperienza di governo rinunciando a perseguire l’obiettivo autonomia differenziata così come originariamente concepita, allora dovrebbe rassegnarsi a perdere la leadership del Carroccio e si porrebbe, per lui, il problema di trovare una nuova "casa" o di dar vita a un partito tutto suo con ogni difficoltà del caso siccome non potrebbe più contare sul numerosissimo elettorato nordista. Se decidesse, inoltre, di proseguire questa esperienza di governo riuscendo miracolosamente a portare a casa il risultato voluto sulla autonomia differenziata, allora conserverebbe forse la sua attuale leadership ma, comunque, perderebbe in ogni caso il consenso al sud.

L’unica cosa certa è che per Matteo Salvini sembra essere arrivato il momento della resa dei conti. Saprà stupirci con effetti speciali?

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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