Italo Calvino, nelle “ Citta invisibili”, aveva già visto lungo descrivendo le giornate di Leonia.

Che “rinnovandosi ogni giorno conserva tutta sé stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature di ieri, che si ammucchiano sulle spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni, anni e lustri”

Sono passati solo 50 anni e il mondo sta diventando una grande Leonia.

Riuscirà la consumistica Leonia a salvarsi dal collasso?

Riciclo, riuso, differenziata, riusciranno a salvare il Pianeta da una slavina di rifiuti? E le acque da tonnellate di microplastiche?

L’industria della trasformazione dei rifiuti prospera di più di quanto riesce di mitigare i danni: vetro, latta, plastica, umido vengono trattati e recuperati per quanto possibile, la frazione secca, cioè tutto ciò che non può essere riciclato o che la “frazione” più incivile della popolazione decide di non separare, finisce in discarica. O viene bruciata negli inceneritori: due nell’Isola, a Macchiareddu e Macomer. Ma spesso gli inceneritori si fermano per lunghi periodi di revamping e le ecoballe di secco residuo vengono stoccate in discarica.

In fatto di riciclo la Sardegna è comunque ancora un’isola felice, i sardi riescono a separare piu del 60% dei rifiuti e la nostra regione è al sesto posto in graduatoria a livello nazionale e al primo tra le regioni del Centro sud.

Gli impianti di trattamento dei rifiuti nell’isola sono all’avanguardia ma spesso in posizioni non troppo lontane dai centri abitati e i cattivi odori, soprattutto nel periodo più caldo dell’anno determinano la nascita di tanti comitati spontanei di protesta che chiedono il contenimento dei miasmi.

Ma tenere a bada gli odori non è facile. Da tempo la cronaca registra pesanti lamentele dei residenti della frazione di Sant’Anna, a pochi chilometri dall’impianto di Masangionis, e recentemente anche dei cittadini di Magomadas, poco distanti dalla zona industriale del paese, dove la Geco, trasforma fanghi provenienti dai depuratori di Campania e Puglia.

Proteste preventive invece stanno montando in Marmilla, tra Pau, Morgongiori e Masullas per una discarica, non ancora autorizzata, di inerti e amianto.

Colpa della Regione che non ha saputo dare una collocazione strategica a queste strutture?

Il centro di trattamento rifiuti di Masangionis, progettato dieci anni fa, che oggi da lavoro a circa 30 famiglie, serve tutto l’Oristanese e non solo: trasforma ogni anno circa 23mila tonnellate di umido e lavora circa 25 tonnellate di secco. L’impianto possiede inoltre una catena di riciclo della plastica all’avanguardia che serve centri di tutta l’isola.

La plastica viene separata, attraverso un sistema computerizzato di lettori ottici, a seconda dei polimeri che la compongono e dal colore. Insieme alla latta e al vetro le ecoballe di plastica vengono inviate al Co Re Pla, il consorzio che le acquista per poi riciclarle.

L’umido invece viene triturato da una grossa macina, mescolato allo sfalcio e trasformato in compost. La lavorazione dell’umido è attualmente abbastanza lunga: dopo una prima macinazione il risultato viene trasferito in grandi celle a tenuta stagna, dove stagiona, viene trasformato da batteri aerobici, areato da un sistema di ventilazione e matura fino a che non viene tolto dalle celle e messo a stagionare nei capannoni.

«Per il compost prodotto l’Impianto di Masangionis ha ricevuto anche un premio qualità» racconta il responsabile dell’impianto, Salvatore Daga.

Buono, ma difficile da smaltire: Masangionos nasce in territorio di Arborea, dove gli agricoltori non hanno certo bisogno di acquistare compost: come vendere il ghiaccio agli eschimesi.

Il prodotto costa 5 euro a tonnellata, che vanno però a sommarsi, naturalmente, agli alti costi di trasporto, nel caso di esportazione. Insomma, a conti fatti, non è conveniente. Per questo il consorzio industriale ha fatto un accordo con Laore, alla quale regala interi lotti di compost, che poi vengono sparsi nei terreni agricoli della provincia.

Secondo un recente studio commissionato dal consorzio e realizzato dalla Fondazione Mach di Trento, solo il 25% degli odori denunciati dai cittadini del circondario viene dall’umido. Le percentuali sono state rilevate dal cosiddetto “naso elettronico” sistemato nelle aree abitate della frazione di Sant’Anna (Marrubiu) a pochi chilometri da Masangionis.

La maggior parte dei miasmi, secondo lo strumento tecnologico, è invece da attribuire al fronte della discarica. Ma nei prossimi anni, anche questo problema dovrebbe essere risolto, se non totalmente, almeno per la gran parte.

L’umido non verrà più lavorato in modo tradizionale, ma “digerito” da un enorme “stomaco” che trasformerà la frazione umida in compost di alta qualità, producendo contemporaneamente gas metano che verrà utilizzato dallo stabilimento per autoalimentarsi. Questa nuova tecnologia si chiama biodigestore e, a detta di Legambiente risolverà un bel pò di problemi, economici e ambientali. Il nuovo progetto del Consorzio industriale di Oristano verrà finanziato dalla Regione con 8 milioni di euro.

«IL risultato più importante che arriverà dalla nuova “tecnologia digestiva”, sarà la produzione di biogas, energia pulita, che ci permetterà di risparmiare quasi un milione di euro all'anno di elettricità - continua Massimo Daga - e soprattutto di far risparmiare i cittadini, diminuendo le tariffe sui rifiuti».

Il progetto è stato presentato a metà dicembre in una delle sale di controllo dell’impianto di Masangionis

«Vogliamo iniziare ad informare l'opionione pubblica con una serie di incontri rivolti alla popolazione- spiega Rossella Manconi, ingegnere di Legambiente- si chiama “processo di partecipazione” nel corso del quale affronteremo il tema del biogas e della sostenibilità ambientale».

«Il nostro impianto ogni anno trasforma 23 mila tonnellate di umido (proveniente dalla differenziata di tutta la provincia) in 600 tonnellate di compost «premiato per l'eccellente qualità» aggiunge Massimo Daga, direttore del Consorzio.

«Legambiente sta curando e sostenendo in tutta la Penisola questo tipo

di progetti per lo sviluppo del biometano - aggiunge Vincenzo Tiana, presidente del comitato scientifico di Legambiente - la Sardegna è una regione all'avanguardia nella gestione della differenziata».

Anche il problema dei miasmi verrà notevolmente contenuto dalla nuova tecnologia: «La digestione anaerobica - spiega Massimo Daga- è completamente sigillata e quindi attenuerà in parte anche il problema dei cattivi odori». Ma il biodigestore risolverà solo un quarto delle emissioni, che, come attestato dallo studio fatto dallo stesso Cipor utilizzando un “naso elettronico”, provengono soprattutto dalla discarica. «Stiamo cercando soluzioni anche per tamponare i miasmi provenienti dal fronte della discarica - aggiunge il responsabile dell'impianto Salvatore Daga - utilizzeremo dei teloni per evitare che i cattivi odori filtrino attraverso le ecoballe e abbiamo realizzato 10 nuovi pozzi dove verranno immessi enzimi mangia-odori, sparati nel cuore della discarica da 16 cannoni».

Invece a Magomadas il problema dei miasmi non sembra trovare soluzioni immediate. Dopo le proteste ei resdenti il centro di trattamento dei fanghi reflui di Magomadas, terra di agricoltura e Malvasia, è sotto la lente della Forestale e dei Nas. Le forze dell’ordine cercano di approfondire se le vasche sono a norma e se i periodi di decantazione dei fanghi sono regolari.

«Il nostro è un impianto all’avanguardia – sostengono, dal canto loro i titolari della Geco, che gestisce il centro di trattamento dei fanghi - chi ci accusa non conosce il piano regionale dei rifiuti, ne ha mai bussato alla nostra porta per visitare lo stabilimento».

Insomma, la convivenza tra Leonia e le sue discariche non è facile. Leonia non sopporta la puzza che produce e non sopporta la vista delle montagne di rifiuti che gatta via. Vuole solo dimenticare, e continuare a vivere usando e gettando via tutto.
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