Questione di calcoli semplici: l'aspettativa di vita si allunga, il sistema pensionistico non può far altro che adeguarsi, proiettando sempre più avanti l'età in cui si possono chiudere i conti con il lavoro e la vita attiva.

Ormai lo schema è consolidato da anni - sin dalla riforma Amato del 1992, che ha mandato in soffitta il sistema retributivo (troppo dispendioso), lanciando in orbita il meno redditizio (per i lavoratori) del contributivo puro - con il giro di vite costante sull'età pensionabile e sugli anni di effettiva contribuzione. Ogni anno o giù di lì la strada per accedere alla pensione si fa più dura: nel 2021 si potrà arrivare all'assegno di vecchiaia a 67 anni e 1 mese, con un nuovo scatto in avanti rispetto ai 67 attuali.

Il meccanismo di Quota 100 introdotto dal governo gialloverde ha interrotto in qualche modo il processo per chi si è ritrovato al momento giusto con i requisiti anagrafici (62 anni) e contributivi (38 anni di versamenti), ma è una finestra destinata a chiudersi entro il 2021, al di là dei correttivi che verranno introdotti a breve dalla manovra della nuova coalizione Pd-M5S.

"Quota 100 va rivista - spiega Guglielmo Loy, presidente del Comitato di indirizzo e vigilanza dell'Inps -. Le donne sono state massacrate dagli ultimi provvedimenti pensionistici, partendo dalla Fornero e arrivando a Quota 100, che ha premiato i maschi, il pubblico impiego e il nord Italia. Le donne sono state massacrate dagli ultimi provvedimenti pensionistici, partendo dalla Fornero e arrivando a Quota 100, che ha premiato i maschi, il pubblico impiego e il nord Italia".

Con il provvedimento varato dal Governo gialloverde "è rimasta scoperta un'intera fascia di popolazione che non può accedere ai 38 anni di contributi. A queste persone va data una risposta con strumenti di flessibilità di uscita diversi dagli attuali".

Intanto il sistema continua a muoversi: sarà un crescendo costante sino al 2035, quando per arrivare alla pensione di vecchiaia serviranno 68 anni e sei mesi. Questo ovviamente secondo i parametri attuali, dal momento che ci sono più di quindici anni di tempo per introdurre nuovi correttivi, come ha insegnato l'esperienza delle ultime stagioni politiche. D'altronde la sopravvivenza degli italiani continua ad aumentare: la speranza di vita alla nascita ha toccato nel 2018 gli 83 anni, con una crescita rispetto agli 82,7 del 2017. Gli uomini sono arrivati a 80,9, mentre le donne sono già a quota 85,2.

In Sardegna la media generale è appena più bassa e si ferma a 82,9: gli uomini. La fotografia attuale delle popolazione italiana al 1° gennaio 2019 dice che gli over 65enni sono 13,8 milioni e rappresentano il 22,8 per cento di chi vive in Italia. I giovani fino a 14 anni sono circa 8 milioni (13,2 per cento), mentre le donne e gli uomini considerati in età attiva - dai 14 ai 65 anni - sono 38,6 milioni (il 64 per cento).

Non mancano le polemiche sulle linee di condotta legate alla riorganizzazione del sistema previdenziale: "Bisogna sganciare il calcolo delle pensioni dall'aspettativa di vita media", puntualizza Marco Grecu, regionale della Cgil pensionati Sardegna. "Il problema parte dalla riforma Fornero: non si può non tenere conto di chi svolge lavori disagiati, usuranti, legati a turnazioni continue, quando si fanno i calcoli sulle aspettative di vita. La speranza di allungare la propria terza età di un docente universitario è assai più ottimistica rispetto a quella di chi, per esempio, lavora in una fonderia a San Gavino, o fai il bracciante agricolo o è impegnato nell'edilizia".

Per quanto riguarda i requisiti per la pensione si continua a guardare alla speranza di vita a 65 anni: secondo l'Istat è attualmente di 20,9 anni, con una media tra uomini e donne. Questo è il numero chiave da inserire nella formula che fissa le quote anagrafiche per l'uscita dalla cosiddetta età attiva e quindi lo spostamento in avanti da applicare nel sistema pensionistico.

La formula era stata in qualche modo toccata con la legge di Bilancio del 2017 (governo Gentiloni), bloccando lo scatto di cinque mesi in avanti - a partire da quest'anno - sulla base dei consueti parametri Istat. Si è deciso di introdurre un confronto tra le medie biennali invece che tra i valori stimati anno per anno: per gli adeguamenti del 2021, la speranza di vita del bienno 2017-2018 viene confrontata con i numeri fissati nel 2016: quell'anno era piuttosto alta, con 20,7 anni di speranza di vita a 65 anni.

Nei calcoli del Governo si prevedeva un sostanziale equilibrio nel periodo successivo. Invece, nell'ultimo biennio, c'è stato un nuovo, inatteso aumento, con un più 0,2, cioè lo spostamento in avanti di almeno due mesi dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia. Secondo le ultime proiezioni, tra quindici anni bisognerà avere almeno 68 anni e mezzo per arrivare alla pensione di vecchiaia, mentre quella di anzianità viaggerà intorno ai 44-45 anni.

Ma a sentire le previsioni dei sindacati (Cgil, in primis), gli attuali quarantenni, entrati nel mondo del lavoro con il sistema contributivo puro, rischieranno di dover superare ampiamente i 70 anni, arrivando addirittura, a sentire i calcoli più spinti, a quota 73.
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