È difficile sapere se sul tavolo della Giunta regionale vi sia in evidenza il dossier sulla dotazione energetica dell'Isola, minacciata dall'ormai prossima messa al bando del carbone.

Si tratta di un problema che incombe, poiché oltre il 40 per cento del totale delle nostre produzioni annue di elettricità erogata - pari a poco più di 12mila GWH - proviene dalle due centrali di Portovesme e di Fiumesanto, ambedue alimentate a carbone.

La loro chiusura renderebbe ancor più problematico il possibile riavvio delle nostre industrie energivore dell'alluminio, attualmente in un lungo e tormentato periodo di stand-by.

Con il loro riavvio, infatti, i consumi energetici del nostro sistema industriale aumenterebbero di oltre cinque punti percentuali, superando il 50 per cento del totale dei consumi.

Per quel che è facile comprendere, si è quindi di fronte a una preoccupante emergenza in cui la politica è chiamata, con le sue scelte, a dover indicare rapide soluzioni. Vi è infatti il pericolo di poter perdere oltre 5mila GWH di elettricità, capaci di far restare al buio, o quasi, metà dell'Isola.

Per la Giunta Solinas vi è quindi l'esigenza, del tutto inderogabile, di dover predisporre con urgenza, "ad horas" come direbbero i nostri padri latini, le misure correttive che possano assicurare all'utenza sarda (e non solo a quella industriale) le disponibilità necessarie per superare la decarbonizzazione del 2025.

Si è infatti dell'avviso che non può bastare l'ottenimento di un semplice rimando temporale più o meno lungo: si ravvisa l'esigenza di dover predisporre fin d'ora delle linee-guida per individuare un differente mix di fonti energetiche, scegliendo fra alcune opzioni, come quella possibile ed auspicata del metano, dando anche uno sviluppo a quelle a minore impatto ambientale, come le rinnovabili (attualmente attorno a soli 3mila GWH).

Credo che non sfugga a nessuno l'importanza di questo richiamo all'urgenza: realizzare e mettere in funzione impianti generatori di elettricità per quel 40 per cento mancante, richiederà certamente decisioni non semplici e tempi non certo brevi, per cui sarebbe auspicabile che la Regione sarda non facesse propri i continui rinvii, abituali ormai, ahinoi!, dalle parti del Governo centrale!

C'è quindi in Sardegna il pericolo di un deficit energetico che incombe e minaccia la sopravvivenza del nostro restante sistema produttivo. L'esclusione di una fonte così determinante come il carbone, impone che si ricerchino rapidamente delle alternative valide, efficaci e percorribili. Quel che preoccupa è che l'indecisionismo ed il gioco del rinvio - divenuti ormai una costante della politica attuale - possano condizionare ogni scelta possibile.

Non dimenticando che la dotazione energetica - nelle sue fonti, nelle quantità e nei prezzi - è l'elemento essenziale per ogni efficace politica di sviluppo e di progresso. In Sardegna lo si sa da almeno un secolo, e nella stessa cultura identitaria del partito del Governatore Solinas hanno di certo un ricordo gli insegnamenti di dirigenti illuminati, come Pietro Melis e Piero Soggiu, che indicarono nello sviluppo dell'approvvigionamento energetico la modalità essenziale per poter dare all'autonomia politica della Regione anche un'adeguata capacità economica.

Occorre perciò individuare delle nuove e differenti fonti d'approvvigionamento energetico, in modo da poter continuare ad assicurare al nostro sistema industriale l'energia necessaria per conseguire continuità e crescita.

Proprio un differente mix di fonti per produrre energia, se ben modulato, potrebbe avere anche un benefico effetto sulla bolletta elettrica, oggi in Sardegna fra le più care del Paese, proprio per l'attuale dipendenza dal carbone. E l'alto costo energetico è, tra l'altro, una delle principali cause della deindustrializzazione in atto dalle nostre parti.

Tuttavia si paventa, e lo si scrive in chiusura con comprensibile preoccupazione, che anche in questo caso si possa sollevare, impetuoso e carico di preconcetti, il vento dei NO (per il metano, le biomasse, l'eolico, il solare, ecc), così che ai nostri nipoti si rischia di dover lasciare un oscuro futuro che li riporterà indietro nel tempo, a quello infelice dei lumini ad olio e delle steariche dei nostri nonni.

PAOLO FADDA

STORICO E SCRITTORE
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