La Guerra fredda tra Usa e Unione Sovietica, formidabile propulsore che cinquant’anni fa aveva spinto il mondo alla conquista dello spazio, è andata in archivio negli anni Novanta. Da allora l’interesse delle superpotenze mondiali a esplorare l’Universo è scemato, tendenza accelerata dalle disgrazie dello Shuttle: il Columbia, disintegratosi nel 2003 mentre rientrava sulla Terra, e il Challenger, esploso nel 1986 poco dopo la partenza. Fine del programma spaziale americano, che nel 1969 aveva consentito all’Uomo di sbarcare sulla Luna. Un risultato straordinario, vista la tecnologia disponibile all’epoca: la missione Apollo 11 aveva a disposizione un sistema di computer dalla potenza inferiore a quella di un cellulare odierno. Contemporaneamente anche il blocco dell’Est, a parte la Cina, ha ridotto gli investimenti e la Terra è tornata a essere un confine quasi invalicabile. È rimasta la stazione spaziale, utilizzata a soli scopi scientifici dalle agenzie Nasa (statunitense), Rka (russa), Esa (europea) Jaxa (giapponese) e Csa-Asc (canadese). Proprio nei giorni scorsi Luca Parmitano è diventato il primo italiano e il terzo europeo ad diventarne comandante.

Poi è accaduto quel che normalmente avviene quando enti e autorità pubblica vengono meno al proprio ruolo di guida e indirizzo: sono arrivati i privati, quelli forniti di denaro (tanto), che hanno visto la possibilità di ottenere un profitto (molto elevato) introducendosi in un campo smisurato e, di fatto, ancora vergine. Imprenditori molto ricchi, con un conto in banca dagli innumerevoli zeri e la prospettiva di incrementarlo considerevolmente: l’obiettivo dichiarato è creare il turista spaziale, portare uomini e donne miliardari nel vuoto cosmico dietro un compenso considerevole e poi, perché no, arrivare sulla Luna. E su Marte. Fantascienza? Non proprio. Forse i tempi non sono ancora maturi, ma non è tanto lontano il momento in cui il primo vettore decollerà alla volta del nostro satellite. Certamente chi ha lanciato questa nuova era dei viaggi spaziali ha già dimostrato di avere capacità visionaria, coraggio e fondi smisurati. Tre nomi su tutti: Elon Musk, Richard Branson e Jeff Bezos.

Il primo a soli 48 anni ha già fondato la Tesla, società che produce pannelli fotovoltaici e veicoli elettrici (uno dei quali, la Roadster, è stato lanciato nello spazio e ha compiuto un giro attorno al sole), è presidente di SolarCity (fornisce energia) e ha ipotizzato la creazione di tubi dentro i quali viaggiare a velocità elevatissime per trasportare mezzi e persone. Con la sua azienda aerospaziale Space X fondata nel 2018 ha anche ideato il Falcon Heavy e, poche settimane fa, lo Starship: un razzo riutilizzabile progettato per trasportare equipaggi umani al di fuori dell’orbita terrestre. A fine settembre in Texas ha mostrato il prototipo dell’astronave che, a suo dire, porterà l’uomo su Marte ma sarà utile anche per i trasporti sulla Luna e verso altre destinazioni più remote. Alto 49 metri, pesante 1.270 tonnellate a pieno carico, fatto di acciaio inossidabile, decollerà e atterrerà verticalmente. Il primo test fino a 20 chilometri di altezza è previsto per il 13 ottobre. "Proveremo a raggiungere l’orbita entro sei mesi", ha detto il miliardario sudafricano. Il razzo di lancio si chiamerà Super Heavy e sarà alto 68 metri.

La Stazione Spaziale (Archivio L'Unione Sarda)
La Stazione Spaziale (Archivio L'Unione Sarda)
La Stazione Spaziale (Archivio L'Unione Sarda)

Poi c’è Jeff Bezos, uno degli uomini più ricchi del mondo, fondatore di Amazon e proprietario del quotidiano statunitense Washington Post. Di recente ha creato la società Blue Origin, attraverso la quale ha progettato il lander “Blue Moon”, una versione moderna del Lem che sbarcò sulla Luna nel 1969: dovrà trasportare merci e astronauti. "È ora di tornare sulla luna, questa volta per restare" la netta dichiarazione di intenti dell’imprenditore, che punta a centrare l’impresa entro il 2024 in accordo con la Nasa. Il veicolo può trasportare tra le 3,6 e le 6,5 tonnellate di materiale sulla superficie lunare e fino a quattro rover sul ponte superiore del veicolo. Raggiungerà lo spazio grazie al razzo New Glenn, il cui primo decollo è previsto per il 2021. Il passo successivo sarà costruire una base sulla Luna necessaria a sfruttare le risorse presenti sulla superficie e ad allargare il turismo spaziale. Un traguardo ancora lontano: al momento Bezos sta lavorando su viaggi suborbitali utilizzano il razzo New Shepard, meno potente del New Glenn.

La superficie lunare (Archivio L'Unione Sarda)
La superficie lunare (Archivio L'Unione Sarda)
La superficie lunare (Archivio L'Unione Sarda)

Ma il precursore è stato il 69enne multimiliardario britannico Richard Branson, fondatore del gruppo Virgin che comprende oltre 400 società tra le quali la Vergin Galactic. L’imprenditore è al lavoro nel campo spaziale sin dal 2004 e ha già messo a disposizione 500 posti all'anno per raggiungere quote superiori ai 100 chilometri d'altezza e stare per sei minuti in assenza di peso nel suo SpaceShipTwo, otto posti (sei passeggeri e due piloti). Il costo del biglietto: 200/250 mila dollari. Portato ad alta quota da un velivolo-madre più grande, viene sganciato e grazie al suo propulsore a combustibile liquido arriva nello spazio. Nelle prove di volo è arrivato a 82 chilometri di quota e ha toccato una velocità tre volte superiore a quella del suono. "Vogliamo portare il mondo nello spazio", ha detto Branson. Nel team dei piloti c’è anche l’italiano Nicola Pecile, dell’Aeronautica Militare italiana. Proprio ieri (venerdì 4 ottobre) Branson e l'Aeronautica Militare italiana hanno firmato un accordo: nel 2020 tre ricercatori italiani faranno esperimenti nello spazio a bordo dello SpaceShip: spento il motore, eseguiranno vari esperimenti a gravità zero. Tra questi, la misurazione degli effetti biologici sul corpo umano della transizione dalla gravità alla microgravità e lo studio della chimica dei carburanti verdi.

Marte (Archivio L'Unione Sarda)
Marte (Archivio L'Unione Sarda)
Marte (Archivio L'Unione Sarda)

Insomma: la corsa allo spazio nel terzo millennio è legata indissolubilmente alle iniziative private, divenute fondamentali anche per avanzare nelle conoscenze e approfondire gli studi scientifici. Con una controindicazione, forse: l’imprenditore cerca il profitto ed è possibile – presumibile – che su eventuali scoperte utili all’umanità mettano il cappello e cerchino di trarne profitto. È giusto?
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