S ì, dobbiamo fare il mea culpa. Ma non può passare, davanti ai nuovi contagi che ormai si contano a centinaia, l'idea che sia solo colpa nostra se torniamo in zona rossa e che Governo e Regione abbiano, in questo fallimento, meno responsabilità dei cittadini che sono solo comparse in un film di fantascienza di cui ogni giorno cambia la trama. Un po' perché si ha a che fare con un mostro dalle mille facce e molto perché è mancata la strategia giusta per combatterlo. Oggi, in Sardegna, ci ritroviamo al punto di partenza dopo avere accarezzato l'illusione, nei 15 giorni di zona bianca, che si stessero scrivendo i titoli di coda. Invece, come in un crudele gioco dell'oca, siamo tornati alla casella di marzo 2020 e con numeri più preoccupanti di allora. Perché in altre nazioni sembrano aver trovato la strada che qui invece è ancora piena di insidie? Perché davanti alla chiamata alle armi della vaccinazione capita che persino medici e farmacisti, oltre i soliti burocrati istituzionali, frenino la corsa verso l'immunità? In altri tempi, neppure tanto lontani, nessun medico o farmacista si sarebbe sognato di porre condizioni prima di darsi da fare. E nessun burocrate, sindacalista e tantomeno magistrato si sarebbe sognato di condizionare la catena di solidarietà innescata. Ma i tempi sono questi e questa è oggi l'Italia. Un posto dove purtroppo, per prima cosa, si pensa ai fatti propri.

BEPI ANZIANI
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