D a un po' il nostro futuro assomiglia a quei tipi che ciclicamente ingrassano a dismisura e poi dimagriscono di botto, fino ad avere un doppio guardaroba. Basta la notizia che è stata vaccinata una prozia per “cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel” - se Draghi tassasse quest'espressione non avremmo bisogno del Recovery - e prenotare con baldanza le vacanze chissà dove. Poi arriva la notizia di una nuova variante o del pacco che ci ha rifilato una casa farmaceutica e torniamo al millenarismo del “non ne usciremo più”. Abbiamo capito subito che quel “pan” della parola pandemia significa che è un dramma di tutta l'umanità, ma continuiamo a considerarlo un problema che questa benedetta Italia dovrebbe risolverci, mentre borbottiamo in fila per il nostro futuro. Da tempo ci spostiamo per turismo, per far incetta di materie prime o per delocalizzare le imprese in cerca di lavoratori più arrendevoli, e da tempo arriva da noi tanta gente (molti per turismo, alcuni per disperazione). Perciò dovrebbe essere chiaro che finché il vaccino non sarà (parolone) un bene comune il nostro futuro resterà smunto. Eppure nulla, nel traghetto c'è una falla ma grazie al cielo fra un po' resterà un problema di quei buzzurri della sala macchine. Siamo gente strana. O forse siamo solo gente.

CELESTINO TABASSO
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