L a notte di Capodanno, a Napoli, un ragazzo di 24 anni che stava al balcone rimase ucciso da un proiettile. A sparare era stata una ragazza di due anni più giovane di lui, figlia di un boss, che non mirava a nessuno in particolare ma voleva mettere in fuga un paio di tizi di un clan rivale. Ieri le agenzie di stampa annunciavano che giustizia è fatta: la ragazza è stata condannata a 8 anni di carcere e a pagare le spese processuali oltre che 626mila euro di risarcimento.

Senonché - ed è un senonché grande quanto il Palazzaccio della Cassazione - la condannata risulta nullatenente. E siccome lo Stato non può sopportare l'enorme porcheria che un processo si chiuda senza che nessuno paghi le spese, la famiglia dell'ucciso ha ricevuto una cartella esattoriale da 18.600,89 euro. Non saranno colpevoli, dev'essere stato il ragionamento, ma in un delitto anche la vittima ha un ruolo, di riffa o di raffa in questa storia qualcosa c'entra. Quindi fuori i soldi.

È uno schifo? Sì. È un'ingiustizia? Certo. Bisogna denunciarla? Calma e gesso. Con l'arietta demagogica che tira, magari qualcuno propone di abolire la Corte costituzionale e col risparmio creare un fondo per le vittime di killer nullatenenti. E poi è un attimo trovare un 70 per cento di indignati che al referendum gli dà ragione.

CELESTINO TABASSO
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