S e chiedessimo a un giornalista o a un editore chi sono i brutti, sporchi e cattivi del loro mondo, 9 volte su 10 ci sentiremmo rispondere: «Gli Over The Top, i colossi online che sfruttano le news scritte da altri e ci fanno bei dollari usandole gratis per far lievitare il traffico sulle loro piattaforme, e per di più gestiscono la gran parte del traffico pubblicitario prendendosi la stecca sulle inserzioni che distribuiscono alle testate».

Tutto vero, tutto ingiusto. E però nei giorni scorsi, quando il Covid infuriava, Google ha messo alcune milionate a disposizione delle testate di tutto il mondo, consapevole che in una crisi planetaria l'informazione è linfa vitale per le comunità. Così Chartabianca, un'agenzia di informazione sarda, ha partecipato al bando - che impone di produrre contenuti giornalistici originali e tutelarne il brand - e ha incassato 5000 dollari dopo appena venti giorni di istruttoria e dieci ore di attesa fra la firma e l'accredito. Il tutto mentre l'Italia si domanda se recepire la normativa Ue sul diritto d'autore o tenersi la legge del 1941.

Olof Palme diceva che il capitalismo è una pecora da tosare ma non da uccidere. Qui è il capitalismo che tosa il giornalismo (altrui) e quindi vede di non ucciderlo. Mentre il pastore se ne sta con le mani in mano e si chiede se questa libertà di stampa non profumi un po' troppo di casta per sostenerla davvero.

CELESTINO TABASSO
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