P er fronteggiare gli effetti economici negativi del coronavirus sull'economia italiana, il governo ha annunciato un pacchetto di interventi immediati per 6,35 miliardi di euro, da finanziare interamente in disavanzo e in aggiunta al deficit del 2,5% già programmato per quest'anno. Il dettaglio delle misure anticrisi sarà illustrato dal ministro dell'Economia Gualtieri oggi in Parlamento, dopo che la richiesta di scostamento dal deficit già programmato dovuta all'emergenza coronavirus era già stata inoltrata dall'Italia all'Europa a metà della scorsa settimana.

Il ministro si presenterà in Parlamento forte della risposta positiva che Bruxelles ha già dato per bocca del vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, e del commissario per l'Economia Paolo Gentiloni: la spesa per fronteggiare l'epidemia rientra tra gli eventi eccezionali per i quali è esclusa dal computo del saldo strutturale dei conti pubblici.

Il problema che tuttavia si pone a questo punto è come centrare l'obiettivo di deficit del 2021, che verrebbe mantenuto all'1,8%. Ciò imporrebbe un'ipoteca sui conti del prossimo anno di 35 miliardi e una correzione di 5,6 miliardi in più rispetto a quella prevista sinora. Il conto è presto fatto. Si parte dal disinnesco delle clausole di salvaguardia che nel prossimo anno farebbero aumentare in automatico l'Iva e le accise per un ammontare di 20,1 miliardi. Per il loro disinnesco serve quindi l'individuazione di entrate alternative di pari importo.

D ue miliardi servirebbero inoltre per confermare l'impianto attuale del taglio al cuneo fiscale, che sommati ai 5,6 di correzione aggiuntiva porterebbero il deficit a 27,7 miliardi.

Tenuto conto di altri 2 miliardi di spese indifferibili e la conferma di bonus e sconti fiscali come quelli per ristrutturazioni, risparmio energetico e incentivi alle imprese nell'ambito del programma Impresa 4.0, nonché di altre misure per affrontare l'emergenza come l'assunzione di nuovi medici, infermieri e altre spese sanitarie, si arriva appunto a circa 35 miliardi di euro.

Il calcolo delle maggiori spese per il 2021 non finisce tuttavia qui, perché ci sono da tenere conto ancora delle maggiori spese per interessi da pagare sul debito pubblico a seguito dell'aumento dello spread dei rendimenti dei nostri titoli rispetto a quelli tedeschi.

Infine, nel calcolo occorre tenere conto dell'incognita maggiore legata all'andamento del Pil, che prima dell'emergenza sanitaria era dato in crescita per il prossimo anno dello 0,6%. Gli aggiornamenti dei giorni scorsi che tengono conto degli effetti negativi del coronavirus portano tutte le previsioni in territorio negativo, che vanno dallo 0% dell'Ocse allo 0,5% di Moody's. Il ministro dell'Economia Gualtieri, giustamente, ammonisce che al momento è impossibile quantificare con un minimo di attendibilità gli effetti economici sul Pil dell'emergenza sanitaria.

Lascia comunque ben sperare il fatto che nel 2019 ci sia stata una spinta automatica all'incremento delle entrate che ha permesso di chiudere l'anno con un deficit dell'1,6% anziché del preventivato 2,2%. Il ministro confida che tale spinta si possa ripetere anche in questo e nel prossimo anno, il che darebbe una mano a far quadrare i conti, ma per il momento è prematuro parlarne.

Tuttavia, prendendo come base di partenza la previsione di crescita ipotizzata da Moody's a -0,5%, il disavanzo aggiuntivo da finanziare sarebbe dell'ordine di 10-11 miliardi, di cui, come è avvenuto sui conti di quest'anno, la Commissione Ue non potrebbe fare a meno di farsene carico, riconoscendo ancora una volta all'Italia il diritto di fare più deficit in base al principio di flessibilità dovuta a eventi eccezionali come l'emergenza sanitaria.

Il problema semmai sono i mercati. Come reagiranno di fronte a sforamenti così importanti del deficit strutturale? Capiranno che ad imporceli è l'emergenza sanitaria, passata la quale il Paese è in grado di riportarsi verso il sentiero di riequilibrio, o ci rimetteranno sotto pressione con lo spread? Ci auguriamo ovviamente di no.

BENIAMINO MORO

DOCENTE DI ECONOMIA POLITICA

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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