S orgono-Terralba-Sorgono. Svariate volte, a memoria. Spesso nell'arco di una giornata. Poi Cagliari, Oristano come snodo, Nuoro, Sassari, San Gavino, Atzara, Tonara, S'Ifurcau. Neve, tanta pioggia, vino, chilometri e parole. Non trovo più agio a stare nei luoghi, immobile. Un giorno senza muovermi mi rende irrequieto e ben disposto a mettermi in viaggio. Queste precauzioni minime hanno schiuso condizioni che il “disterru” aveva messo a tacere, apparentemente.

Dopo Macomer il viaggio è stato faticoso. La strada vergognosa, il traffico forzato. La pioggia ha reso viscido il fastidio e pericoloso il rientro. Forse mi ero scordato il governo tutto decentrato al sud che impone all'Isola un baricentro illogico. E le Barbagie? Isolate, abbarbicate, avvolte fra curve che creano disagio perfino agli spostamenti minimi. Nuoro è una capitale che non sa più d'esserlo. Oristano una succursale di promesse economiche che cerca uno sbocco verso la montagna per procurarsi la manodopera disposta alla emigrazione breve.

Ogni viaggio è greve, problematico. Si teme di restare isolati senza possibilità di soccorso restando impigliati a qualche sbalzo di un cavalcavia dissestato. I rifiuti giacciono ben affastellati sui tratti trafficati visibili perfino dalla luna. La Sardegna è quel luogo in cui il controllore non esercita il controllo per timore di straordinari non pagati. Abbiamo reati alla luce del sole e colpevoli meticolosi. Come certi poeti capaci di definirsi usando svariati eteronimi. (...)

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