"Gentile redazione,

nei mesi scorsi circa 130 sindaci di Comuni dell'Isola hanno sottoscritto un documento a favore della candidatura di Zedda Presidente.

Lo hanno fatto non tanto come privati cittadini, come Pinchi e Pallini, chi avvocato, chi insegnante, chi operaio, ma come Sindaci, come figure istituzionali titolari, tra le altre cose, del diritto dovere di rappresentare tutta intera la popolazione del loro paese o della loro città, sia di coloro che gli hanno dato il voto e col voto la fiducia, sia di quelli che non lo hanno votato, magari perché non ne condividevano le idee o avevano una visione politica opposta alla sua.

È come entrare in casa di un amico e approfittare dell'ospitalità per fare da casa sua una lunga e dispendiosa telefonata a Chicago.

La notizia ha goduto di robuste presenze sui mass media, non per quello che era, un chiaro e disinvolto abuso delle regole del gioco democratico, ma in quanto abilmente utilizzata come mezzo di pressione su Massimo Zedda, ancora incerto se tenersi il sicuro, la carica di Sindaco di Cagliari o correre per l'incerto, mettendosi in corsa per quella più ambita di Governatore dell'Isola.

Come è noto, ha prevalso la seconda ipotesi, peraltro, e a dire il vero, certa fin dall'inizio, ma l'incertezza, pur se finta, aggiunge alla decisione un po' di quel pathos che non guasta mai quando si tratta di ravvivare entusiasmi da tempo sopiti nel partito di riferimento.

Tuttavia nessuno, per quanto risulta a chi scrive, ha denunciato la scorrettezza di fondo insita nell'operazione, che mobilita e schiera profili istituzionali di non bassa caratura civile politica amministrativa, per definizione rappresentativi della generalità dei cittadini, e all'insaputa di costoro e fors’anche contro la loro volontà, a favore di un candidato espressione di un determinato schieramento politico.

Più che espressione del travaglio di una candidatura, l’operazione configura un'azione di propaganda elettorale anticipata, tesa a sfruttare gli ambigui risvolti di una chiarissima violazione dell'etica democratica, qualcuno direbbe della grammatica politico-elettorale, non proprio palese né per tutti visibile, ma che fa sempre parte del più ampio capitolo della democrazia".

Gabriele Uras - Cagliari

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