Il cavaliere è bianco. I conti in profondo rosso. Il documento è «strettamente confidenziale». Riservato a pochi addetti, tutti amanti del gioco in Borsa e della smisurata ebrezza del mare forza nove. Se ci fosse un titolo, in questa nuova saga d’alto bordo, tra finanze e debiti, non ci sarebbero dubbi: ci risiamo. Lo sfondo è sempre lo stesso, il mare di Sardegna, croce e delizia, affari e monopoli, speculazioni e diritti negati. L’operazione è coperta da segreto istruttorio, quello imposto dai canoni finanziari della sorpresa. Poco tempo per riflettere, nemmeno un sussulto per capire quel che sta accadendo.

Uno-due, ravvicinati

Per coloro che hanno investito centinaia di milioni di euro nell’intrapresa ad alto rischio del patron di Mascalzone Latino, al secolo Vincenzo Onorato, proprietario della Moby e della Tirrenia, ora Cin, si potrebbe trattare del fatidico uno-due, due cazzotti diretti, uno dopo l’altro, a distanza ravvicinata, il secondo dei quali sferrato con enfasi letale. Del resto solo in Italia si può passare, in meno di sei mesi, dalla soglia del fallimento al salvataggio miracoloso, dal nuovo disastro finanziario conclamato a un nuovo pericolo fallimentare, anch’esso prospettato nelle carte “segrete”. Tutto scritto, con tanto di offerta finale ai “creditori”: accettate di ridurre di altri 168 milioni il già duramente decurtato debito altrimenti si deve ricorrere ad una nuova procedura concorsuale con tutte le possibili conseguenze.

Regole del gioco d’azzardo

Onorato conosce bene le regole del gioco. Prima di calare l’offerta finale, saldo e stralcio, ovvero meno soldi, ma subito, rispetto a quelli pattuiti a giugno scorso, spiattella i numeri dei conti aziendali, questa volta divulgati con largo anticipo, proprio con lo spirito di mettere i creditori spalle al muro. Conti in rosso, come se le previsioni del concordato approvato dal Tribunale il sei giugno scorso si fossero trasformate in un attimo da favole in incubi. Insomma, ai Giudici, le compagnie di Onorato, hanno dichiarato una prospettiva finanziaria da mille e una notte, salvo poi, pochi mesi dopo, dichiarare il tracollo di quelle previsioni. Niente di quello preannunciato al Tribunale fallimentare e agli stessi creditori si è verificato, anzi.

Chiromanti in rosso

La parolina magica per far capire se il paziente sta bene, ha la febbre alta o è già nella fase del trapasso, si chiama “Ebtda”, ovvero l’utile delle imprese prima degli interessi e delle imposte. È il termometro per valutare i flussi di cassa e lo stato di salute dei conti. Un parametro che consente di verificare se le società riescono a realizzare profitti positivi dalla gestione ordinaria, utili in grado di onorare una montagna di debiti, quelli ridotti e certificati dal concordato di giugno. Non è un caso che prima dell’offerta “saldo e stralcio”, Onorato metta a nudo quei numeri, capaci di “intenerire” i suoi creditori, già dissanguati dalle decurtazioni del primo concordato. Moby e Cin, per essere più chiari, nel 2022 avrebbero dovuto macinare un Ebtda-utile di 94,4 milioni di euro. Si sono miseramente fermati ad appena 3 milioni, 91 in meno rispetto a quanto previsto. A settembre 2023 i conti economici avevano previsto 109 milioni, si sono fermati a meno della metà, appena 48. Scaricano la responsabilità del tracollo delle previsioni sui costi del carburante e del personale, ma è fin troppo evidente che la tempistica dei conti in rosso e l’offerta di saldo e stralcio convince poco. Se quei numeri sono la premessa, il clou dell’operazione è blindato in un documento vergato come «bozza ancora soggetta a integrazioni e modifiche non materiali da parte dei soggetti rilevanti». Ne riportiamo lo stralcio principale, quello che preannuncia il “cavaliere bianco”, l’uomo che si sta candidando a strappare di mano a Onorato, con un sol colpo, due delle compagnie marittime che da sempre si spartiscono le rotte sarde, la Tirrenia-Cin e la Moby. Lui si chiama Gianluigi Aponte, è svizzero, detiene un patrimonio smisurato, da tempo è candidato a comprarsi Ita, la compagnia aerea ex Alitalia, a ottobre scorso si è portato a casa il 50% di Italo, la principale e privata concorrenza delle Ferrovie dello Stato. Il suo principale business è il mare: la sua compagnia, la Msc, possiede o gestisce oltre 560 navi portacontainer, sono sue anche la Msc Crociere e la compagnia SNAV, aliscafi e traghetti per collegare le principali isole italiane. E’ lui che, dopo aver acquisito a giugno scorso il 49% di Cin e Moby evitando il primo fallimento delle compagnie di Onorato, azzarda il colpaccio letale mettendo sul tavolo 315 milioni di euro in contanti, uno sull’altro. A giugno scorso, con il via libera dei Giudici fallimentari, le due compagnie avevano già tagliato i debiti da 664 milioni a 483, con lo Stato che aveva fatto al patron di Mascalzone Latino uno sconto “surreale” di 100 milioni, rispetto ai 180 che le casse pubbliche avrebbero dovuto incassare dal mancato pagamento dell’acquisto della Tirrenia.

Taglio o Tribunale

La proposta recapitata a banche e bondholders, in nome e per conto di Aponte, è esplicita: «Considerato il persistere di un costo carburante superiore alle attese e il minor flusso di cassa, Moby e Cin non sono in grado di eseguire il paraconcordatario senza modifiche significative. Inoltre, se le due procedure concordatarie non saranno eseguite entro il 6 dicembre 2023, ci sarà il rischio concreto di revoca delle due procedure, mettendo a repentaglio la continuità aziendale del Gruppo e i rientri per i creditori». Il messaggio è in stile Onorato: accettate queste condizioni, oppure saltano i concordati, scordandovi i pagamenti previsti, e la stessa continuità aziendale sarebbe messa a dura prova . Il piano d’azione di Onorato, quello che trasforma in coriandoli altre centinaia di milioni di debiti, viene raccontato come una favoletta a lieto fine, con tanto di cavaliere bianco che salva tutto e tutti.

Soldi a perdere

Peccato che chi dovesse accettare l’offerta dovrà rinunciare ad un ulteriore 35% del proprio denaro, già abbondantemente tagliato dal concordato. Con una tempistica che sembra studiata a tavolino, l’offerta del “cavaliere bianco” compare tra le righe di quei documenti blindati: «Nel novembre 2023 SAS (la cassaforte di Aponte) ha comunicato a Moby la propria disponibilità a mettere a disposizione, tramite prestito soci, l'importo di euro 315,7 milioni per consentire alle Società di procedere all'immediato rimborso dell'esposizione complessiva, con regolamento integrale e definitivo e senza dar corso a tutti i Documenti della Transazione, al fine di dare esecuzione alle Proposte ed ottenere il decreto di archiviazione dal Tribunale entro il 6 dicembre 2023». Una formula, quella del “prestito”, che punterebbe ad aggirare il rischio di concentrazione di mercato. Un auspicio non privo di insidie. Bisognerà ora capire chi accetterà questo ennesimo “taglio” e se l’Autorità della Concorrenza e del mercato accetterà l’ennesimo monopolio sui mari della Sardegna, questa volta a “prestito”.

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