Il 20 maggio prossimo venturo, nell’Aula di Palazzo Madama, si voterà la mozione di sfiducia contro il Ministro della Giustizia penta stellato Alfonso Bonafede travolto, nelle ultime settimane, tra le altre vicissitudini, dalle infuocate polemiche sulle scarcerazioni dei boss detenuti in regime di 41 bis, e tacciato, per ciò stesso, di incapacità ed inadeguatezza anche dall’ex “compagno” Matteo Salvini, troppo distante, oramai, dal ricordo della precedente esperienza di Governo Giallo Verde e dai fasti della sua ascesa politica. In buona sostanza, ed in breve, “visto l’articolo 94 della Costituzione e visto l’articolo 161 del Regolamento del Senato della Repubblica”, il centro destra “unito”, con un documento che vede quali primi firmatari i capi gruppo, rispettivamente, di Lega (Massimiliano Romeo), di Fratelli d’Italia (Luca Ciriani) e di Forza Italia (Anna Maria Bernini), “(ha) espr (esso) la propria sfiducia al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede … impegna (ndolo) a rassegnare immediatamente le proprie dimissioni”.

Dal canto suo, quest’Ultimo, nel difendersi dalle pesanti e scomode accuse avanzate nei suoi confronti, e nel sottolinearne la totale infondatezza, si è affrettato a sua volta a precisare che “le scarcerazioni”, lungi dal poter essere addebitate alla propria personale responsabilità, “(sarebbero state invece) frutto d (elle) decisioni d(e)i magistrati”, i quali avrebbero “applicato leggi previgenti che nessuno aveva mai modificato fino all’ultimo decreto legge”. Per il momento, dunque, stando così le cose, sembra non resti altro da fare se non prendere atto, anche in maniera variamente critica, delle incerte posizioni delle parti coinvolte. Ma, al di là delle ragioni e dei torti, che verranno sicuramente discussi ed accertati, ciò che in questa sede interessa maggiormente indagare e comprendere, è quale sia il significato, sul piano pratico della tenuta degli equilibri di potere, della proposizione di una mozione di sfiducia individuale, quale quella “de qua”, che notoriamente, e aggiungo paradossalmente, costituisce, dal mio personale punto di vista, uno strumento “offensivo” poco efficace, sul piano degli effetti concreti, per la propria connaturale incapacità di intaccare il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo allorquando siffatto rapporto risulti apparentemente minato dal solo comportamento di un singolo ministro. E sempre a prescindere da qualsivoglia considerazione sull’operato del Ministro della Giustizia, personalmente, credo sia importante comprendere, ai fini valutativi futuri sulla prosecuzione dell’esperienza di Governo Giallo Rossa, se, nel caso specifico, siffatta mozione, che a ben considerare va a colpire l’unico vero anello debole dell’intero esecutivo, sia davvero giustificata dalla sola gravità delle circostanze che la hanno ispirata, oppure si tratti, invece, dell’ennesimo sterile tentativo delle opposizioni, in particolar modo di quelle c.d. “sovraniste”, di agire in funzione destabilizzante del Governo in considerazione del contesto altamente conflittuale venutosi a creare negli ultimi mesi. Ed ancora, a mio sommesso avviso, risulta utile capire, se questa pseudo “picconata” destrorsa, si traduca, a conti fatti, ed a bocce ferme, in un timido avviso di sfratto futuro ed incerto nel “se” e nel “quando” in danno dell’attuale maggioranza, ovvero si traduca invece, e sorprendentemente, in una solida scossa di assestamento che potrebbe alla lunga riverberare i suoi effetti con la incontenibile “forza di ritorno” di un boomerang. Intanto, perché sebbene la Corte Costituzionale, con la propria sentenza n. 7 del 1996, abbia riconosciuto l’ammissibilità della mozione di sfiducia individuale (benchè non contemplata dalla nostra Carta Costituzionale), sottolineando, in particolare, come “là dove esist (a) indirizzo politico esiste responsabilità, e là dove esist (a) responsabilità non può non esistere rapporto fiduciario”, tuttavia, la medesima mozione, nel corso delle varie legislature, alla prova dei fatti, e come anticipato poco sopra, si è rivelata uno strumento piuttosto inefficace, declinandosi di volta in volta, in un puro e semplice meccanismo di espressione del dissenso da parte dei vari competitor politici, che, peraltro, assai raramente è riuscito a sortire l’effetto sperato esitando nella concreta presentazione delle dimissioni da parte del Ministro interessato. Quindi, perché, di conseguenza, ben lungi dal riuscire a minare la pur fragile alleanza giallo rossa, già costantemente costretta a fare i conti con le peculiarità delle varie “anime” che la compongono, ma che pur sempre è riuscita a fare quadrato attorno alla rassicurante figura del Premier Giuseppe Conte, siffatta mozione sembra proprio costituire nulla più che un semplice intoppo funzionale privo di concreta rilevanza pratica che, anzi, potrebbe paradossalmente rappresentare, allo stato attuale, il tanto agognato punto di svolta utile a determinare una sorta di vera e propria “scossa di assestamento” in seno alla maggioranza, a sua volta idonea (scossa di assestamento si intenda) a segnare il passaggio dall’attuale al prossimo futuro stato di equilibrio dell’esecutivo in funzione cementante dello stesso. Infine, perché, piaccia o non piaccia alle forze politiche di opposizione, i puri e semplici atti paradigmatici e dimostrativi, quali appunto si sono rivelate nel corso degli anni le varie mozioni di sfiducia individuali, sono sempre gravemente sintomatici di una totale mancanza di visione politica e di incapacità di incidere altrimenti sui meccanismi decisionali. Tanto più quando, in seno alla stessa non troppo “unita” opposizione si rilevi l’atteggiamento altalenante del partito degli azzurri, peraltro da sempre politicamente contrario alla presentazione di mozioni di sfiducia individuale, che dopo aver recuperato un atteggiamento di fiero e motivato distacco rispetto alle posizioni dei sovranisti, ha finito inspiegabilmente per aderirvi non solo contraddicendo se stesso, ma anche l’intera e responsabile impostazione moderata che aveva voluto perseguire nei rapporti con l’esecutivo.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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