Matteo Salvini e Giuseppe Conte l'hanno segnata in rosso da mesi, la data del 26 gennaio.

Le elezioni regionali in Calabria e, soprattutto, in Emilia Romagna sono destinate a scrivere il futuro di questa legislatura.

Il voto calabrese resta locale, quello emiliano ha una rilevanza nazionale non di poco conto.

Lo sa bene Matteo Salvini, che da settimane batte in lungo e in largo l'Emilia e la Romagna: "Se vinciamo, lunedì porto l'avviso di sfratto a Conte", va dicendo il leader della Lega. "Sono elezioni locali che non avranno ripercussioni sul governo", va ripetendo invece il premier, ma neanche lui sembra crederci più di tanto.

EMILIA DECISIVA PER IL GOVERNO - Se cade l'Emilia Romagna cade tutto. Anche il governo. Magari non subito, ma nel giro di qualche mese cade.

La sinistra perderebbe una regione che da sempre è nelle sue mani, la terra di Peppone ("che oggi voterebbe Lega, come Don Camillo", ne è convinto Salvini). Sarebbe una botta tremenda. La leadership, già debole e poco carismatica, di Nicola Zingaretti verrebbe messa in discussione, così come il suo intero progetto di allenza duratura con i 5 Stelle.

Inoltre, dato che si parla di un testa a testa tra Bonaccini e Borgonzoni, decisivi potrebbero rivelarsi - in caso di sconfitta del candidato di centrosinistra - i voti a Simone Benini, il candidato del Movimento 5 Stelle. Un'eventualità che, se si verificasse, creerebbe senz'altro ulteriori tensioni in seno ad una maggioranza di governo già di per sé non molto coesa.

Per questo anche Conte e Di Maio devono necessariamente fare il tifo per Bonaccini.

Ma il voto emiliano è fondamentale anche per la Lega. Matteo Salvini, che pare aver stabilizzato il suo consenso dopo il calo dovuto all'estate del Papeete e della caduta del primo governo Conte, vede farsi sempre più minacciosa e in ascesa - alle sue spalle - Giorgia Meloni.

Il consenso nell'era dei social network va da una parte all'altra con un soffio di vento (chiedere a Matteo Renzi): una sconfitta in Emilia, dove ci ha messo la faccia come non mai, potrebbe essere l'inizio del declino per il leader del Carroccio. Che non avrebbe più motivi per chiedere lo sfratto del governo Conte e sicuramente sarebbe meno esposto sui media. Poi si sa, finché si vince va tutto bene, ma quando si inizia a perdere si tende a scendere dal carro: e qualcuno, nella Lega, potrebbe iniziare a mettere in discussione persino la sua leadership.

Sarebbe una beffa, per quello che è considerato il campione della politica italiana: diventare primo partito con il 34% e non sfruttare la popolarità. Far cadere il suo governo in cui faceva il bello e il cattivo tempo e finire nel dimenticatoio per l'ascesa della nuova stella della destra italiana, Giorgia Meloni. Senza neanche passare da Palazzo Chigi.

BONACCINI VS SALVINI - Anche Salvini, dunque, si gioca molto. E in questa strana campagna elettorale si giocano molto anche gli emiliano-romagnoli, ma l'unico che sembra pensare a loro è proprio il governatore uscente, Stefano Bonaccini.

Lui fa una campagna elettorale locale: parla di Emilia Romagna e oscura i leader nazionali che lo sostengono, attenti a non farsi vedere troppo (forse per non pregiudicare la campagna elettorale di Bonaccini).

Dall'altro lato accade il contrario, d'altronde la regione è governata bene e tutti i dati la vedono al top in Italia. Per questo Salvini, animale da campagna elettorale, parla soprattutto di temi nazionali: immigrazione, il caso Gregoretti, il governo Conte da mandare a casa. Usa Bibbiano per attaccare il Pd e si concede selfie e bagni di folla girando la regione paesino per paesino.

A differenza di quanto accade a sinistra, è il leader nazionale ad oscurare la Borgonzoni: pensare che sui manifesti della Lega c'è il nome di Salvini, non quello della candidata alla presidenza che gli emiliano romagnoli dovrebbero votare. Quando si parla di tematiche locali spesso arrivano gaffe, come quella sugli ospedali che, in caso di vittoria della Lega (e solo in quel caso), sarebbero aperti anche nel weekend.

La campagna elettorale, in sostanza, è Bonaccini contro Salvini, con la Borgonzoni molto defilata. Poi ci sarebbe il pentastellato Simone Benini. Praticamente senza speranze, il suo risultato sarà solo un ulteriore segno del declino dei 5 Stelle, i quali tra l'altro si augurano che prenda meno voti possibili per non sottrarli a Bonaccini.

CALABRIA - Il 26 gennaio si voterà anche in Calabria. Quella resta una sfida locale, magari buona per entrambe le parti per addolcire un'eventuale sconfitta in Emilia. Ma nulla più, non avrà grandi ripercussioni sulla tenuta del governo.

"Della Calabria non interessa niente a nessuno", ha avuto modo di dire in uno slancio di sincerità Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, volto "umano" e istituzionale del salvinismo.

Certamente interessa ai calabresi, però. Qui la candidata di centrodestra spetta a Forza Italia, è Jole Santelli. Il centrosinistra risponde con il volto civico dell'imprenditore Pippo Callipo, re del tonno chiamato a far dimenticare Mario Oliviero, ex governatore del Pd che si è dimesso dopo uno scandalo sugli appalti. Per il Movimento 5 Stelle corre Francesco Aiello, poi c'è il civico Carlo Tansi che si è candidato senza l'appoggio di alcun partito.
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