Il via libera alla “missione Ucraina” in cambio di un “aiuto” nel corso della campagna presidenziale 2016.

Protagonisti del clamoroso do ut des, il presidente russo Vladimir Putin e l’ex presidente Usa Donald Trump. Lo rivela un’inchiesta del New York Times, secondo cui “le interferenze russe nella politica dell'era Trump furono più direttamente connesse all'attuale guerra di quello che si era capito prima".

Una ricostruzione, quella del Nyt, basata sulla revisione di centinaia di pagine di documenti dell'indagine sul Russiagate del superprocuratore Robert Mueller, della commissione intelligence del Senato, delle udienze di impeachment di Trump, nonché su interviste con quasi 50 persone in Usa e Ucraina.

Tutto nasce la notte del 28 luglio 2016, quando Hillary Clinton stava accettando la nomination dem per la Casa Bianca a Philadelphia: in quelle ore Paul Manafort, presidente della campagna di Trump, ricevette una email dell'amico e socio russo Konstantin Kilimnik, che chiese e ottenne un incontro urgente con lui. I due si incontrarono al Grand Havana Room, un luogo di ritrovo del mondo legato a Trump, in cima alla torre a Manhattan di proprietà di Jared Kushner, il genero del tycoon.

Qui Kilimnik gli illustrò il "Piano Mariupol”, che prevedeva in cambio della pace la creazione di una repubblica autonoma nell'Ucraina dell'est guidata dal deposto presidente Viktor Ianukovich. Trump aveva già lasciato intendere che avrebbe ribaltato lo status quo diplomatico e Kilimnik credeva che avrebbe contribuito a realizzare quel piano. Prima però doveva vincere. Per questo Manafort condivise con lui i sondaggi interni che tracciavano la via del successo negli stati battleground.

Peccato che fosse anche un agente russo, come accertarono poi gli investigatori americani. Nelle settimane successive cominciarono gli hackeraggi russi contro Hillary Clinton e il partito democratico, un vero e proprio assalto alla democrazia americana, conclusosi con la vittoria di Trump.

Sembrava un capitolo chiuso, invece secondo il Nyt si lega alla guerra in Ucraina: alla fine Vladimir Putin non ha ottenuto dal tycoon quello per cui pensava di aver pagato e la democrazia ha tenuto, sia in Usa che in Ucraina. Ma questo non ha fatto demordere lo zar, che il 25 febbraio scorso, con Joe Biden già al potere, ha deciso di avviare l’operazione militare speciale”, tuttora in corso.

(Unioneonline/l.f.)

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